Che bella sensazione un anno che
finisce. Ti sembra di aver portato qualcosa a casa, di aver costruito e messo
da parte. Un pezzo di vita, una porzione di strada che si consolida in una data da
incasellare tra le altre.
Tu Penelope, donna fuori da ogni dove
e ogni quando, che senso hai dato al tuo tempo?
Dicono di te che attendesti
Ulisse per venti lunghi anni. Un tempo lunghissimo in cui voglio credere tu
abbia combattuto le tue guerre e vinto le tue sfide. Sorprendimi e dimmi che
non hai pensato unicamente a lui. Sii mia complice confessandomi che hai
cercato altrove. Non si vive per un uomo.
Quest’anno finisce e, per la prima
volta dopo molto tempo, non ho la necessità impellente che volga al termine per
sancire la fine di eventi spiacevoli. Termina semplicemente, in modo lieve, un
anno di faticosa ricostruzione e ricomposizione dei pezzi andati fuori posto. Si
estinguono questi trecentosessantacinque giorni lasciandomi in bocca il sapore
dolce di nuove sfide che pian piano mi si prospettano davanti e di belle
persone che aleggiano intorno e dentro me. Angeli radiosi o sofferenti che ho
imparato ad amare per ciò che sono e perché ci sono.
Gli ultimi anni della mia vita
sono costellati da incontri speciali. Ho imparato a recepire davvero le persone, a
mostrarmi, a non risparmiare nulla, a limitare le aspettative dando valore a
ciò che fuoriesce da me.
Qualche tempo fa ho cercato di
descrivere l’essenza di un incontro con parole che sanno di antico ma che mi
sono sgorgate con la naturalezza che solo la verità ti regala:
“C’è
stata una sera in cui, in quella casa costruita con faticoso accanimento, il
fuoco ha iniziato a scaldarne il cuore. In quella sera, ogni angolo della casa
si è animato di una luce nuova dando vita ad un luogo di mistica e intensa
verità:lì, da quel momento, accadono miracoli e prodigi. Lì l’uomo si spoglia
dell’inutile e giunge alla dimensione dell’autentico. Li non esiste il timore
di guardare in faccia il dolore e restare in lui per vincerlo e procedere
oltre. E’ trascorso il tempo dei travestimenti e ci si affaccia a quello della
rivelazione: ogni istante inizia ad essere scandito da ritmi vitali e l’aria
profuma di legno e fiori, di scorza secca gettata a terra e sostanza palpitante
di vita. Solo in quel luogo della casa il fluire delle parole e delle emozioni
si concretizza in momenti di pienezza assoluta vissuti con la sapiente lentezza
di chi resta e gusta. Da quel luogo si parte per altre dimensioni da cui non
pare esserci ritorno: quando arrivi in territori così celesti difficilmente si
delibera di fare un passo indietro. Le anime che hanno l’ardire di partire per
un tale viaggio si riconoscono dall'odore e si scrutano vicendevolmente alla
ricerca di un segreto che sa di buono e sorprendentemente semplice: ogni anima
ha un nome per quel segreto e lo custodisce come il più prezioso dei tesori.”
Ecco cosa celebro
alla fine di quest’anno: la capacità di incontrare in questo modo.
Riconosco
alla vita il dono della trasformazione nel viaggio attraverso l’altro
e dentro se stessi. Perché le mutazioni e le creazioni più belle avvengono
per opera di entrambe gli attori dell’incontro. Poco importa la natura del
rapporto; si tratti d’amore, d’amicizia o di semplice confronto, l’empatia,
quella vera, è la sola forza davvero trasfigurante e magica. Questo entrare nell'altro
e, allo stesso tempo, farsi altro da sé ha il potere di dar vita a relazioni vere e durature, quelle a cui tutti aneliamo.
In questo 2013 metto
da parte, proprio dalla mia parte, gli incontri empatici con le persone che intuitivamente ho scelto e con quelle che la vita mi ha gratuitamente donato.
Porto a casa il
calore e la pienezza di certe anime.
Custodisco il mio tesoro con cura sapendo
che gli incontri vanno coltivati e innaffiati di gratuità e rispetto senza soffocarli con
richieste inutili ed egoistiche.
Infine porto a casa un altro
traguardo, Penelope, che è la dissolvenza sempre più consistente della paura.
Quella brutta bestia che assomiglia ad un perenne senso d’inadeguatezza: inizio
a guardare le cose dall'alto, da una prospettiva nuova.
Me lo suggeriscono anche i
sogni. Spesso mi trovo in alto rispetto a ciò che osservo e finalmente i volti,
finora sempre evitati, mi si fiondano davanti al muso con sfacciataggine quasi
violenta.
Voglio guardare, Penelope!
I miei quarant'anni,
tanto temuti, mi hanno regalato l’uscita allo scoperto.
Mostro il volto e
guardo dritto in faccia ciò che c’è.
Forse si chiama
coraggio o, più semplicemente, vita.
Fa ancora paura, lo ammetto. Ma io, indietro, non ci torno.