Un libro è come un cuore.
Racchiude un segreto imprescindibile da chi lo scrive.
Qual era il tuo segreto Penelope? Cosa nascondevi nel tuo cuore? Qual è
il centro di te che ti ha costretta ad evolvere ed andare oltre? E soprattutto
hai mai conosciuto il tuo segreto? Ti è mai stato suggerito in sogno o da
qualcuno?
Cerco le risposte rivelatrici del
mio “segreto” in ogni dove.
Alterno periodi in cui la mia
fame di riscontri non trova sosta ad altri, più sereni, nei quali seguo il corso delle
cose e lascio che esse semplicemente accadano.
Entrambe le modalità sono importanti per giungere a quel senso di pienezza che
cerco senza sosta.
La contraddizione è in me così come lo scontro tra il sentire e il volere. Dualità di abitudini e comportamenti che
riflettono una donna che riordina, poco alla volta, le stanze della sua casa. Ancora terrorizzata dall'ordine, occupo il mio tempo a fare disordine
fuori e dentro di me. Faccio e disfo, come te Penelope. Non porto a termine
nulla. Se leggo non scrivo e se scrivo non riesco a leggere una parola, esco
per non stare sola ma se decido di tentare la strada della solitudine allora chiunque
risulta invadente e, ancora, alterno rigore e disciplina a caos e negligenza.
Ci somigliamo sorella Penelope?
Persino le mie letture riflettono
la mia vicina distanza dalla verità. Più ho fame di conoscenza e più mi tuffo
nei saggi, a metà tra il filosofico e lo
psicologico, mentre, nei periodi più fatalisti, mi concedo i romanzi, le storie di
altri, anche se mai troppo lontane da me. Sono prudente con la fantasia.
E tu, cosa immaginavi mentre lui era lontano? Non temevi di eccedere
immaginando? Non avevi terrore di perderti nella finzione di un'idea?
Trovo difficile mettere distanza
tra me e me eppure l’evasione, reale o immaginaria, è preziosa per trovare risposte.
Andare e restare; restare o andare. Mi allontano provando a leggere un capolavoro
come SHANTARAM di G. D. Roberts, senza riuscirci. Non trovo appigli in
me per procedere oltre. Sono ferma alla centocinquantesima pagina. Mi
avvicino consolandomi tra le pagine di Hellinger, la Norwood e mille altri
piuttosto che le scrittrici nostrane. Loro mi rassicurano, partono da parametri
che percepisco famigliari. In qualche modo mi confortano.
Un libro su tutti mi accompagna
in questi anni.
DISTACCHI di J. Viorst giace incessantemente sul mio comodino
ed è l’incomodo e fastidioso simbolo del mio segreto.
Tu ne sai qualcosa sorella amica.
Il libro inizia con un capitolo
sull'alto costo della separatezza fisica e psichica dalla madre per poi
procedere con l’analisi delle “perdite necessarie” che servono per evolvere e
trovare dell’altro.
"Una crescita sana comporta la capacità di abbandonare” ripete l'autrice come un incalzante leitmotiv.
"Una crescita sana comporta la capacità di abbandonare” ripete l'autrice come un incalzante leitmotiv.
Io ho abbandonato e sono stata
abbandonata nella mia vita. Questa è la resa dei conti.
Tu ,Penelope, hai avuto la tua?
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