Muoiono donne belle. Muoiono, in quest'anno, donne di valore, degne di stima. Donne solide, intelligenti, di sostanza. Donne che facevano cultura e costume ma non solo. Mai come oggi muoiono donne che facevano semplicemente le donne.
Donne, madri,
nonne, amiche, compagne,amanti, regine, puttane.
Ieri scompariva Doris Lessing, premio nobel per
la letteratura e "femmina" contro l’etichetta del femminismo. Qualche mese fa
moriva Franca Rame, altra donna simbolo della lotta alla violenza contro le
rappresentanti del nostro sesso. L’ho amata su quel palco su cui si è fatta
stuprare una seconda volta dai nostri occhi avidi di curiosità ed empatia.
Donne fedeli al loro amore, fatte di fertili
parole e di azioni: capaci di esempio, unico vero motore dell’educazione. Donne
di viscere, incuranti dell’altrui pensiero.
Come te Penelope.
Poco più di un anno fa moriva la donna della mia
vita. Una meraviglia di capelli bianchi e di gratuità in ogni suo gesto. Parlare di me è parlare di lei. Mi
sono costruita accanto a lei ed ora è ancora lei ad indicarmi i pezzi da prendere e quelli
da lasciare a terra.
La mia nuova vita di oggi è costellata di femmine
meravigliose. Ho scelto le donne per condividere ed ispirarmi. Ne conosco
tante. Parlo con loro e le ascolto. Ogni tanto le riunisco e altre volte le
disperdo: ognuna di loro è legata a me da un filo speciale.
Una su tutte c’è da sempre. A lei devo la
realizzazione di un sogno che ho fin da bambina: avere una sorella. Una persona
che c’è. Punto.
Altre le ho incontrate lungo il percorso.
Qualcuna mi ha conquistata, qualcuna ferita. Sono forti le donne quando seguono
la luce che hanno dentro. Cascano nel vortice del buio e trovano il modo per risalire.
Molte delle loro storie sono caratterizzate da un prima e da un dopo.
Come la mia:
Ieri e oggi. Prima e dopo.
La mia vita è questo: una dicotomia costante tra chi sono
stata e chi sono oggi. Due fotografie scattate alla stessa persona e non più
sovrapponibili.
La bambina in apparenza solare e dall'appellativo
“ombrettoso” (sa un po’ di ombretto e un po’ di ombra) non può prescindere dal
nome che le è stato donato all'ultimo momento, in sostituzione di un altro che
forse, chi lo sa, avrebbe conferito un colore e un sapore diverso alla persona che
è diventata. Questo nome raro, tratto da un romanzo ottocentesco piuttosto noto,
è il vezzeggiativo, apparentemente innocuo, di un sostantivo pesante e
imponente come l’OMBRA. Ecco perchè non mi è mai stato a cuore. Ecco perchè avrei sempre desiderato un nome corto e pieno allo stesso tempo. Soprattutto, privo di quelle ombre che, per anni
hanno, popolato i miei sogni.
Nel prima, infatti, benchè mi trastullassi tra equilibrio e
perfezione, certa di aver ottenuto dalla vita ciò che avevo sempre desiderato, attirando
sguardi vagamente invidiosi, il mio mondo onirico faceva da sfondo a vicende
angoscianti e sguardi indifferenti come se ci fosse in me il netto sentore che,
prima o poi, quell'impalcatura dorata sarebbe crollata. E così è stato.
Uno scossone forte, falsamente inaspettato, spergiurato per anni
e non accettato per almeno altrettanti, ha travolto l’equilibrista e l’ha
scaraventata a terra con violenza. La piena del buio, dei non visti e dei non
detti ha investito la funambola che non cadeva mai. Ogni cellula della donna
perfetta, ordinata e pulita ha subito una rivoluzione e si è tramutata in
fango: caos, sporcizia e sangue hanno imbrattato i muri bianchi di un anima che
necessitava di crescere e mutare per non morire.
Una mattina di qualche anno fa’, i miei otoliti, gli organi
regolatori dell’equilibrio, impazziscono, senza preavviso. Escono dalla loro sede
naturale e ogni immagine, sino ad allora precisamente collocata in un luogo, inizia
un viaggio rotatorio, violento e apparentemente senza senso alcuno. Più cerco
un punto fermo più le cose e le persone intorno a me girano e il mio senso di
nausea aumenta. Come su una ruota scaraventata in mezzo alla folla
all'impazzata, rotolo e scivolo, senza appigli verso il fondo più scuro
dell’abisso. Precipito in un vuoto che da sempre ha devastato il mio senso di
persona, integrità e sicurezza: un precipizio spaventoso che, più non conosci
più appare inaffrontabile.
La mancanza di appiglio, l’inconsapevolezza e la non
percezione del reale: questo sono stata nel momento del dolore più acuto che ha
fatto da spartiacque alla mia esistenza.
Passo da un’infanzia vissuta in punta di piedi “per non dare
disturbo” ad una giovinezza vissuta nel rigore e nella serenità apparenti.
Divento donna, moglie, madre accanto al mio uomo di allora e di sempre. Poi
accade tutto Precipito. Arranco. Muoio. Rinasco. Vivo.
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