martedì 19 novembre 2013

IL PRIMA E IL DOPO DI CERTE DONNE - UN PO' DI ME




Muoiono donne belle. Muoiono, in quest'anno, donne di valore, degne di stima. Donne solide, intelligenti, di sostanza. Donne che facevano cultura e costume ma non solo. Mai come oggi muoiono donne che facevano semplicemente le donne.

Donne, madri, nonne, amiche, compagne,amanti, regine, puttane.

Ieri scompariva Doris Lessing, premio nobel per la letteratura e "femmina" contro l’etichetta del femminismo. Qualche mese fa moriva Franca Rame, altra donna simbolo della lotta alla violenza contro le rappresentanti del nostro sesso. L’ho amata su quel palco su cui si è fatta stuprare una seconda volta dai nostri occhi avidi di curiosità ed empatia.

Donne fedeli al loro amore, fatte di fertili parole e di azioni: capaci di esempio, unico vero motore dell’educazione. Donne di viscere, incuranti dell’altrui pensiero.

Come te Penelope.

Poco più di un anno fa moriva la donna della mia vita. Una meraviglia di capelli bianchi e di gratuità in ogni  suo gesto. Parlare di me è parlare di lei. Mi sono costruita accanto a lei ed ora è ancora  lei ad indicarmi i pezzi da prendere e quelli da lasciare a terra.

La mia nuova vita di oggi è costellata di femmine meravigliose. Ho scelto le donne per condividere ed ispirarmi. Ne conosco tante. Parlo con loro e le ascolto. Ogni tanto le riunisco e altre volte le disperdo: ognuna di loro è legata a me da un filo speciale.

Una su tutte c’è da sempre. A lei devo la realizzazione di un sogno che ho fin da bambina: avere una sorella. Una persona che c’è. Punto.

Altre le ho incontrate lungo il percorso. Qualcuna mi ha conquistata, qualcuna ferita. Sono forti le donne quando seguono la luce che hanno dentro. Cascano nel vortice del buio e trovano il modo per risalire. Molte delle loro storie sono caratterizzate da un prima e da un dopo.

Come la mia:

Ieri e oggi. Prima e dopo.

La mia vita è questo: una dicotomia costante tra chi sono stata e chi sono oggi. Due fotografie scattate alla stessa persona e non più sovrapponibili.

La bambina in apparenza solare e dall'appellativo “ombrettoso” (sa un po’ di ombretto e un po’ di ombra) non può prescindere dal nome che le è stato donato all'ultimo momento, in sostituzione di un altro che forse, chi lo sa, avrebbe conferito un colore e un sapore diverso alla persona che è diventata. Questo nome raro, tratto da un romanzo ottocentesco piuttosto noto, è il vezzeggiativo, apparentemente innocuo, di un sostantivo pesante e imponente come l’OMBRA. Ecco perchè non mi è mai stato a cuore. Ecco perchè avrei sempre desiderato un nome corto e pieno allo stesso tempo. Soprattutto, privo di quelle ombre che, per anni hanno, popolato i miei sogni.

Nel prima, infatti, benchè mi trastullassi tra equilibrio e perfezione, certa di aver ottenuto dalla vita ciò che avevo sempre desiderato, attirando sguardi vagamente invidiosi, il mio mondo onirico faceva da sfondo a vicende angoscianti e sguardi indifferenti come se ci fosse in me il netto sentore che, prima o poi, quell'impalcatura dorata sarebbe crollata. E così è stato.

Uno scossone forte, falsamente inaspettato, spergiurato per anni e non accettato per almeno altrettanti, ha travolto l’equilibrista e l’ha scaraventata a terra con violenza. La piena del buio, dei non visti e dei non detti ha investito la funambola che non cadeva mai. Ogni cellula della donna perfetta, ordinata e pulita ha subito una rivoluzione e si è tramutata in fango: caos, sporcizia e sangue hanno imbrattato i muri bianchi di un anima che necessitava di crescere e mutare per non morire.

Una mattina di qualche anno fa’, i miei otoliti, gli organi regolatori dell’equilibrio, impazziscono, senza preavviso. Escono dalla loro sede naturale e ogni immagine, sino ad allora precisamente collocata in un luogo, inizia un viaggio rotatorio, violento e apparentemente senza senso alcuno. Più cerco un punto fermo più le cose e le persone intorno a me girano e il mio senso di nausea aumenta. Come su una ruota scaraventata in mezzo alla folla all'impazzata, rotolo e scivolo, senza appigli verso il fondo più scuro dell’abisso. Precipito in un vuoto che da sempre ha devastato il mio senso di persona, integrità e sicurezza: un precipizio spaventoso che, più non conosci più appare inaffrontabile.

La mancanza di appiglio, l’inconsapevolezza e la non percezione del reale: questo sono stata nel momento del dolore più acuto che ha fatto da spartiacque alla mia esistenza.



Passo da un’infanzia vissuta in punta di piedi “per non dare disturbo” ad una giovinezza vissuta nel rigore e nella serenità apparenti. Divento donna, moglie, madre accanto al mio uomo di allora e di sempre. Poi accade tutto Precipito. Arranco. Muoio. Rinasco. Vivo. 

Penelope, la mano, ti prego.



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