Le cose ti ripiombano addosso sempre per una ragione; ti
mettono alla prova, ti danno la misura di quanta strada hai percorso o è ancora
da fare, ti segnalano la prossima via da intraprendere.
Coazione a ripetere degli eventi. Accadono sempre
maledettamente uguali nella forma ma percettibilmente differenti nella
sostanza.
Rivivi sguardi, situazioni, scene che hanno sapore della vita
di un tempo: un vecchio film rivisto con i colori dell’oggi e scopri che,
improvvisamente, non fa più tanto male.
Questo piccolo miracolo accade quotidianamente srotolandosi
nell'ordinario delle giornate oppure, in modo più macroscopico, nel frangente
di un sogno o di una giornata particolare. Poco importa il come: l’importante è
l’impatto che un tale accadimento ha con l’anima. La tua.
La mia, Penelope.
Riuscire a reggere con una certa naturalezza ciò che un tempo
credevi insostenibile ti da la misura di
chi sei diventato, così come riabilitare il passato e le persone che lo hanno
nutrito riscatta innanzitutto te stesso.
Mi reputo una donna che ha raggiunto traguardi importanti “impastandomi”
con la vita stessa. Un giorno sono caduta da molto in alto rompendomi quasi
tutte le ossa, comprese quelle del collo. Il mare in cui ho nuotato, e tutt’ora
nuoto, è spesso agitato e in tempesta ma, nel tempo, ho sviluppato una certa
resistenza al freddo e una indiscussa abilità nella lotta con i grossi pesci
voraci dell’oceano tanto che approdo sempre in qualche porto. Una volta lì, non
torno indietro. L’orizzonte e l’avanti sono le sole direzioni possibili per
vivere senza limitarsi alla mera finzione e al rimpianto sterile.
Te ne accorgi quando incontri qualcuno che è inzuppato nella
finzione: è liquefatto come un biscotto dimenticato in una tazza di latte; è molle nello sguardo e, benché ci dia dentro come un
pugile con le parole, soccombe nel suo vissuto con triste rassegnazione.
Sì. Sono loro i finti, gli inautentici. Quelli che bla, bla,
bla: affermano con arroganza le loro verità ma poi non vanno oltre con le azioni
e con i gesti. Mancano di proiezione verso il futuro, di spinta energica, non
osano, non sbagliano, non si contraddicono; restano attaccati alla consuetudine
del “si deve” e “non si deve”, o peggio ancora, del “si sarebbe dovuto”. Non si
sporcano mai le mani e, se lo fanno, occultano attentamente le prove senza
lasciare traccia dietro sé.
Tu, amica, sei stata capace di fingere in passato. Lo so, ti ho conosciuta già allora, ti
ho osservata e so cosa significa perché l’ho fatto anche io, per molto tempo. Non ti
senti mai bella quando fingi: è come indossare i vestiti di un’altra donna.
Chi non finge, invece, è meno cauto. S’inciampa in mezzo ai
rovi dei fuoriprogramma e degli imprevisti perché non procede per calcoli. La
sua dote risiede nel trovare soluzioni non inscatolate, per ovviare all'inatteso.
Già, perché la vita è un susseguirsi di eventi, accidenti, meraviglie o
disgrazie del tutto imprevedibili e non pronosticabili.
Da qui nasce la bellezza del genere umano e delle donne come
te.
La bellezza di chi è autentico è data dallo sguardo che non svia,
non dirotta altrove: è lì sul pezzo, consapevole, energico, emotivamente
presente.
Oggi sei una donna bella, Penelope. Ulisse ti ha attirata a sé scrutando nei tuoi occhi intelligenti ed entusiasti , annusando la tua sapienza di femmina, di
un certo genere di femmina che odora d’intelligenza
e acume emotivo, non necessita di
fronzoli o artifici ma a cui è sufficiente un gesto per raccontare quanto basta
di sé.
Ti ho attirata a me perché in te ho visto fermezza e
contraddizione, luce e ombra, amore e odio.
Le discordanze ci rendono
belle, amica mia, la gioia caotica e non l’utopia della perfezione; quest’ultima blocca il
processo del bello, lo castra, gli toglie luce, slancio e naturalezza.
Oggi sono dalla parte del bello che brulica di
antinomie e incongruenze, dell’autentico che nasce dall'incoerenza del vivere e
delle femmine come te. E me.