mercoledì 11 marzo 2015

NARCISO IMPARA L'EMPATIA?

I narcisi, gli auto concentrati su se stessi, gli egoisti e gli egocentrici mi danno la nausea, cara Penelope.

Non hanno spiragli dentro se non per loro stessi.

Ho riletto varie versioni del mito classico di Narciso e mi sono fatta un’idea piuttosto precisa di questo personaggio che amo immaginare così. A modo mio.

C’era una volta Narciso,
un bambino bellissimo, talmente bello che la sua mamma chiese agli dei di mantenere la sua bellezza inalterata  per tutta la vita in modo che potesse attirare a sé tutte le donne più graziose e ottenere,  senza  alcuna fatica ,  il loro amore.
Gli dei, dopo essersi riuniti a consiglio, decisero di accontentarla. Fermarono la bellezza di Narciso al suo stadio migliore e gliela diedero in dono per sempre. Tutti gli dei furono d’accordo, tranne uno.
Narciso cresceva, era sempre più bello e riverito: più si sentiva  adorato,  più la sua bellezza pareva inarrivabile ed inesauribile. Tutte le donne del regno in cui abitava, giorno dopo giorno, non perdevano occasione per fargli doni, complimenti e proposte di ogni genere.
Narciso trascorse la sua giovinezza e parte della sua vita in balia dell’adorazione e dell’amore univoco di molte donne , a loro volta bellissime e completamente assorte nella conquista del suo cuore che pareva non avere vita. Narciso era abituato a non provare  emozione o trasporto per quelle donne, non ne aveva bisogno: erano loro ad accollarsi tutto il peso di un amore a senso unico e lui ne godeva i benefici fino a che qualcosa di meglio non attirava la sua attenzione.
La sua bellezza faceva da schermo al suo cuore.
Ma un giorno accadde che una ragazza, non bella come lui ma di sicuro molto scaltra e fiera, lo avvicinò colpita dalla sua indiscutibile bellezza ma poi, appurata tanta  superbia e arroganza, si voltò e se ne andò nel bel mezzo di una danza di benvenuto. Lo lasciò lì, solo.
 Narciso si stranì. La chiamò canzonandola e credendo si trattasse di un semplice scherzo, poi urlò il suo nome, tentò di instillare in lei senso di colpa ma nulla. La ragazza, di nome Celeste, non si voltò e non tornò indietro mai , provocando in Narciso una disperazione senza fine: le lacrime iniziarono a bagnare il suo volto solcandolo di rughe, la sua pelle smise di risplendere e iniziò a seccarsi inesorabilmente rendendolo irriconoscibile nell'aspetto.
La sua bellezza sfiorì, il suo corpo si rattrappì, i capelli imbiancarono e la luce dei suoi occhi si fece opaca e triste.
Un giorno, accanto al fiume, vide la sua immagine riflessa nell'acqua e si spaventò per tanta bruttezza e mostruosità tanto da dover ritrarre lo sguardo. La disperazione gli velò nuovamente gli occhi che fissò davanti a sé su un immenso prato di cui non si era nemmeno accorto.
Quella vista lo sconvolse tanto quanto l’immagine appena abbandonata.
Mille fiori gialli  gli si stagliavano dinnanzi quasi a voler urlare il suo nome NARCISOOOOO APRI GLI OCCHI DEL CUORE e danza con lui: non hai bisogno di schermi ma di specchi d’acqua in cui rivedere te stesso e l’altro fuori da te!
Pian piano la sua figura si dileguò per fondersi con quella dei fiori gialli che da quel giorno vennero chiamati con il suo nome.

La vita vera  è relazione, dolce amica di sempre. Relazione con l’altro.

Siamo tutti alla ricerca di una vita relazionale piena e soddisfacente  ma per raggiungerla è necessario sporcarsi le mani e il cuore di quella , ormai latitante, abilità che si chiama EMPATIA.
Grazie all'empatia vediamo  l’altro ed entriamo in lui uscendo contestualmente da noi stessi. L’intuizione si fa strada tra un corpo e l’altro, tra una mente e un’anima, tra un respiro e un affanno unendo mondi prima a se stanti. 

Una tale ricchezza è irraggiungibile da coloro che peccano di superba autoreferenzialità e non alzano mai lo sguardo dai loro stanchi passi.

Come si fa Penelope? E’ come non accorgersi della bellezza del sole che nasce e tramonta ogni giorno o come non sentire il calore del fuoco quando siamo prossimi alla fiamma.

Senza empatia non esiste amore: questo è il punto.

Nulla più di lei è capace di trasformare. L’abilità di immaginare i pensieri dell’altro facendoli nostri e sentendoli anche da lontano è una forma di grazia, una mistica meditazione in cui si da alito all'intero universo e si respira con lui. Aprirsi all'altro è “l’esperienza” per eccellenza, paragonabile unicamente a quella del dare la vita.

La comunicazione avviene attraverso canali  non convenzionali e silenziosi che creano un posto “unico” dentro chi ne è capace. Un luogo dedicato al sentire: immedesimazione e intuizione si sovrappongono creando un NOI. Una relazione.

Questa abilità di percezione dell’altro è innata ma può essere coltivata, mia dolce Penelope. Affinché ci sia empatia ci deve importare dell’altro! L’empatia ha tenuto uniti i fili dell’amore tra te e Ulisse ed ha riannodato tutti quelli che tu hai tagliato o disfatto nella speranza di rivederlo innanzi a te. Per molti di noi  è una modalità elettiva di comunicazione e interazione , per altri uno spiraglio di salvezza dentro un mare di narcisismo e per altri ancora una mera illusione.

Gli illusionisti dell’empatia, Penelope, vanno stanati ed evitati se possibile perché l’unica condivisione che cercano è quella finalizzata al proprio tornaconto personale e lo sfruttamento, in quanto tale e sotto qualunque forma  si presenti,  va debellato con forza. Si tratta di individui assorbiti dal proprio innato senso di grandiosità, li si riconosce per arroganza e presunzione o , al contrario, per un finto senso di vittimismo pronto a sfociare in induzione di senso di colpa negli altri.

La vita di relazione è complessa, articolata e contraddittoria ma non prescinde mai dal sentire l’altro. Senza la volontà di far risuonare l’eco dell’altrui anima dentro di noi non esiste immedesimazione e quindi relazione.

Siamo tutti un po’ narcisi Penelope. Lo sei tu quando sei insoddisfatta perché le tue aspettative sono state deluse, lo sono io quando credo di meritarmi i trattamenti che si riservano agli esseri unici e speciali, lo è Ulisse quando richiede eccessiva ammirazione per le sue imprese conferendo a se stesso un senso di importanza e grandiosità fuori dal dovuto. Un po’ di ammirazione e stima per se stessi è sana fino a che non sconfina nell'irrealtà. Quest’ultima è pericolosa perché impedisce di vedere le cose per ciò che sono e quindi anche l’altro con le sue esigenze e bisogni.

Come spesso mi capita, faccio uso dell’arte per azzardare alcuni parallelismi e un certo tipo di tecnica artistica a cui mi sono avvicinata ultimamente, quella dei fratelli TZOZOI, mi fornisce in questi giorni la risposta. Se risposta può esserci.

Questi due giovani e innovativi artisti contemporanei usano anche loro, come te Penelope, una tela. Non la disfano, non la colorano, non la ornano ma lasciano che pigmenti e spore prolifichino su essa, naturalmente, senza operare alcun intervento se non quello di una bruciatura finale di queste ultime per fermare la loro riproduzione quando la considerano esaustiva. La muffa diventa colore, forma, immagine in modo naturale e non imposto. Ecco allora che l’empatia assume le sembianze di un elemento naturale che solo   prolificando genuinamente e in modo intrinseco ai protagonisti porta forma, colore e arte sulla tela e nella qualità dei nostri rapporti interpersonali.

Solo se gli scudi dell’egocentrismo resteranno a terra uscirai da te stessa, anima dolce, e lascerai che i fili si intreccino liberamente condotti dal vento dell’empatia.

Mi lascio trasportare con te.