I narcisi, gli auto concentrati
su se stessi, gli egoisti e gli egocentrici mi danno la nausea, cara Penelope.
Non hanno spiragli dentro se non
per loro stessi.
Ho riletto varie versioni del
mito classico di Narciso e mi sono fatta un’idea piuttosto precisa di questo
personaggio che amo immaginare così. A modo mio.
C’era una volta Narciso,
un bambino bellissimo, talmente
bello che la sua mamma chiese agli dei di mantenere la sua bellezza
inalterata per tutta la vita in modo che
potesse attirare a sé tutte le donne più graziose e ottenere, senza alcuna
fatica , il loro amore.
Gli dei, dopo essersi riuniti a consiglio, decisero di accontentarla.
Fermarono la bellezza di Narciso al suo stadio migliore e gliela diedero in dono
per sempre. Tutti gli dei furono d’accordo, tranne uno.
Narciso cresceva, era sempre più bello e riverito: più si sentiva adorato, più la sua bellezza pareva inarrivabile ed
inesauribile. Tutte le donne del regno in cui abitava, giorno dopo giorno, non
perdevano occasione per fargli doni, complimenti e proposte di ogni genere.
Narciso trascorse la sua giovinezza e parte della sua vita in balia dell’adorazione
e dell’amore univoco di molte donne , a loro volta bellissime e completamente assorte
nella conquista del suo cuore che pareva non avere vita. Narciso era abituato a
non provare emozione o trasporto per
quelle donne, non ne aveva bisogno: erano loro ad accollarsi tutto il peso di
un amore a senso unico e lui ne godeva i benefici fino a che qualcosa di meglio
non attirava la sua attenzione.
La sua bellezza faceva da schermo al suo cuore.
Ma un giorno accadde che una ragazza, non bella come lui ma di sicuro
molto scaltra e fiera, lo avvicinò colpita dalla sua indiscutibile bellezza ma
poi, appurata tanta superbia e
arroganza, si voltò e se ne andò nel bel mezzo di una danza di benvenuto. Lo
lasciò lì, solo.
Narciso si stranì. La chiamò
canzonandola e credendo si trattasse di un semplice scherzo, poi urlò il suo
nome, tentò di instillare in lei senso di colpa ma nulla. La ragazza, di nome
Celeste, non si voltò e non tornò indietro mai , provocando in Narciso una
disperazione senza fine: le lacrime iniziarono a bagnare il suo volto
solcandolo di rughe, la sua pelle smise di risplendere e iniziò a seccarsi inesorabilmente
rendendolo irriconoscibile nell'aspetto.
La sua bellezza sfiorì, il suo corpo si rattrappì, i capelli imbiancarono
e la luce dei suoi occhi si fece opaca e triste.
Un giorno, accanto al fiume, vide la sua immagine riflessa nell'acqua e
si spaventò per tanta bruttezza e mostruosità tanto da dover ritrarre lo
sguardo. La disperazione gli velò nuovamente gli occhi che fissò davanti a sé su
un immenso prato di cui non si era nemmeno accorto.
Quella vista lo sconvolse tanto quanto l’immagine appena abbandonata.
Mille fiori gialli gli si
stagliavano dinnanzi quasi a voler urlare il suo nome NARCISOOOOO APRI GLI OCCHI
DEL CUORE e danza con lui: non hai bisogno di schermi ma di specchi d’acqua in
cui rivedere te stesso e l’altro fuori da te!
Pian piano la sua figura si dileguò per fondersi con quella dei fiori
gialli che da quel giorno vennero chiamati con il suo nome.
La vita vera è relazione, dolce amica di sempre. Relazione
con l’altro.
Siamo tutti alla ricerca di una
vita relazionale piena e soddisfacente
ma per raggiungerla è necessario sporcarsi le mani e il cuore di quella ,
ormai latitante, abilità che si chiama EMPATIA.
Grazie all'empatia vediamo l’altro ed entriamo in lui uscendo
contestualmente da noi stessi. L’intuizione si fa strada tra un corpo e l’altro,
tra una mente e un’anima, tra un respiro e un affanno unendo mondi prima a se
stanti.
Una tale ricchezza è irraggiungibile da coloro che peccano di superba
autoreferenzialità e non alzano mai lo sguardo dai loro stanchi passi.
Come si fa Penelope? E’ come non
accorgersi della bellezza del sole che nasce e tramonta ogni giorno o come non
sentire il calore del fuoco quando siamo prossimi alla fiamma.
Senza empatia non esiste amore:
questo è il punto.
Nulla più di lei è capace di
trasformare. L’abilità di immaginare i pensieri dell’altro facendoli nostri e
sentendoli anche da lontano è una forma di grazia, una mistica meditazione in
cui si da alito all'intero universo e si respira con lui. Aprirsi all'altro è “l’esperienza”
per eccellenza, paragonabile unicamente a quella del dare la vita.
La comunicazione avviene
attraverso canali non convenzionali e
silenziosi che creano un posto “unico” dentro chi ne è capace. Un luogo
dedicato al sentire: immedesimazione e intuizione si sovrappongono creando un NOI.
Una relazione.
Questa abilità di percezione dell’altro
è innata ma può essere coltivata, mia dolce Penelope. Affinché ci sia empatia
ci deve importare dell’altro! L’empatia ha tenuto uniti i fili dell’amore tra
te e Ulisse ed ha riannodato tutti quelli che tu hai tagliato o disfatto nella
speranza di rivederlo innanzi a te. Per molti di noi è una modalità elettiva di comunicazione e
interazione , per altri uno spiraglio di salvezza dentro un mare di narcisismo
e per altri ancora una mera illusione.
Gli illusionisti dell’empatia, Penelope,
vanno stanati ed evitati se possibile perché l’unica condivisione che cercano è
quella finalizzata al proprio tornaconto personale e lo sfruttamento, in quanto
tale e sotto qualunque forma si
presenti, va debellato con forza. Si
tratta di individui assorbiti dal proprio innato senso di grandiosità, li si
riconosce per arroganza e presunzione o , al contrario, per un finto senso di
vittimismo pronto a sfociare in induzione di senso di colpa negli altri.
La vita di relazione è complessa,
articolata e contraddittoria ma non prescinde mai dal sentire l’altro. Senza la
volontà di far risuonare l’eco dell’altrui anima dentro di noi non esiste
immedesimazione e quindi relazione.
Siamo tutti un po’ narcisi Penelope.
Lo sei tu quando sei insoddisfatta perché le tue aspettative sono state deluse,
lo sono io quando credo di meritarmi i trattamenti che si riservano agli esseri
unici e speciali, lo è Ulisse quando richiede eccessiva ammirazione per le sue
imprese conferendo a se stesso un senso di importanza e grandiosità fuori dal
dovuto. Un po’ di ammirazione e stima per se stessi è sana fino a che non
sconfina nell'irrealtà. Quest’ultima è pericolosa perché impedisce di vedere le
cose per ciò che sono e quindi anche l’altro con le sue esigenze e bisogni.
Come spesso mi capita,
faccio uso dell’arte per azzardare alcuni parallelismi e un certo tipo di
tecnica artistica a cui mi sono avvicinata ultimamente, quella dei fratelli
TZOZOI, mi fornisce in questi giorni la risposta. Se risposta può esserci.
Questi due giovani e innovativi
artisti contemporanei usano anche loro, come te Penelope, una tela. Non la
disfano, non la colorano, non la ornano ma lasciano che pigmenti e spore
prolifichino su essa, naturalmente, senza operare alcun intervento se non
quello di una bruciatura finale di queste ultime per fermare la loro
riproduzione quando la considerano esaustiva. La muffa diventa colore, forma,
immagine in modo naturale e non imposto. Ecco allora che l’empatia assume le
sembianze di un elemento naturale che solo
prolificando genuinamente e in
modo intrinseco ai protagonisti porta forma, colore e arte sulla tela e nella
qualità dei nostri rapporti interpersonali.
Solo se gli scudi dell’egocentrismo
resteranno a terra uscirai da te stessa, anima dolce, e lascerai che i fili si
intreccino liberamente condotti dal vento dell’empatia.
Mi lascio trasportare con te.