lunedì 22 settembre 2014

LE POINT DE NON RETOUR

Accade. Ogni cosa accade, Penelope, ed è l’inconscio ad invocarlo anche quando le situazioni paiono bombe poggiate sul pianerottolo di casa nostra.

Le persone, le situazioni, le verità che paiono più recondite e impensabili vengono a prenderti , a stanarti e ti costringono a fare i conti con te stessa e con ciò che  sei stata fin’ora. Arriva un tempo in cui non c’è più scampo. In quei momenti manca il fiato e le forze vengono meno ma la vita  è un susseguirsi continuo di fantasmi che vanno presi per mano e fatti sedere sul divano accanto a noi. Malattie,  tradimenti,  persone del passato,  morti,  strappi, nascite, incidenti, aborti: ogni  avvenimento accade per mostrarci altro da ciò che è sempre stato. Ora lo so. Con certezza.

La violenza di certe deflagrazioni è pari alla passione e all’energia con cui affrontiamo ogni santo giorno che ci viene concesso e l’aria di cambiamento che si respira nel “dopo” è quella del non ritorno. L’altro da prima.

Ci hai mai pensato? Forse anche per te è stato lo stesso. Il tuo Ulisse si è congedato da te nel momento che tu credevi fosse l’apice della vostra passione e del Vostro amore.

 “Come è possibile, lei/lui mi amava così tanto, eravamo felici, come ha potuto farmi una cosa del genere proprio in quel momento?”

Questa la domanda che tu ti sarai posta, senza ombra di dubbio, e che in molti si pongono quando vengono traditi o abbandonati proprio nel bel mezzo di un amore che “funziona”. Ma perché l’amore ha un funzionamento? Ha una lettera d’istruzioni? Vive di meccanismi propri indipendenti dai protagonisti?E soprattutto, l'amore è programmabile?

Penelope mia, questa settimana ho compreso l’incomprensibile.

Ci si ammala per l’incapacità di esternare i propri sentimenti, si muore in un dato momento e in un dato luogo dando senso alle vicende umane di qualcun altro che, in quegli stessi frangenti, sta vivendo rivoluzioni occulte del suo essere o del suo convivere e, ancora, ci si può avvicinare a chi non ha nulla in comune con noi scoprendo poi che i fili che ci tengono uniti sono talmente resistenti da risultare addirittura atavici.

Lo sapevi che il tumore, il male padrone di tutti i mali, sopraggiunge in alcuni punti precisi del corpo che hanno corrispondenze con le nostre storie emotive di madri, padri, figli? E’ provato scientificamente che l’incapacità di far fuoriuscire da noi rabbia, dolore o gioia ed entusiasmo è in grado d’innescare la formazione di cellule malate dentro il nostro corpo che, moltiplicandosi a vicenda in modo esponenziale, provocano la malattia.

Siamo esseri capaci di accumulare strati infiniti di “cattivo sentire” che si espelle attraverso il  disagio fisico o il dolore dell’anima, se prima non si è trovato un  modo alternativo.

Si rompono parti di noi, i denti ad esempio, che hanno rispondenze inconsce con il nostro maschile o il nostro femminile. Muoiono amici di amici, persone di cui sentiamo solo  parlare, ma il cui nome risuona dentro di noi toccando le corde di storie che , come quelle persone, vanno ormai sepolte. Veniamo indirizzati in luoghi che, guarda caso, impattano con forza sulla nostra memoria emotiva oppure ci troviamo coinvolti in disastri altrui che non fanno altro che parlarci di noi o di pezzi del nostro passato.

Allora spiegami tu dov’è la casualità in tutto questo. Ti prego, fallo!

Se il  tuo uomo non ti avesse  salutata proprio in quel momento d’amore tu non l’avresti atteso e non ti saresti data prova del tuo valore di persona e di donna. Hai fatto la tua scelta, Penelope, e sei stata in grado di mantenerla; fragile e forte insieme, donna e uomo in uno, candida e stratega hai scovato il tuo  espediente per restare a galla e ce l’hai fatta. Sei restata sola e fedele al tuo Ulisse in mezzo a mille grovigli di fili colorati, li hai dipanati con maestria per dare forma alla tua arte di femmina che seduce con gli occhi ma che preserva il corpo solo per lui.

Lui ti ha congedata e tu hai dato prova del tuo essere; se lui fosse rimasto tutto questo non sarebbe accaduto. Non ci sarebbe stato un abbandono a cui è seguita la maturazione di una crisalide e la metamorfosi in farfalla di una donna che in dono ha avuto il ritorno. Sono certa che il dopo sia stato altro dal prima, sono certa sia stato amore.

L’inconscio piega, dirige, spacca, raggela ma la sua direzione è sempre e solo una: il centro.

Tutto il mio essere in questi giorni è prostrato nella condivisione di dolori con le persone, di famiglia e non, che più amo al mondo: mi lega a loro il filo forte e fragile dell’affetto concreto, senza fronzoli o false ipocrisie.

Mi rivolgo al tuo mare Penelope, alla tua casa Ulisse, mi rivolgo a voi collanti d’amore e abitanti dell’altrove.

Proteggete i miei affetti, infondete loro la forza di abitare spazi fuori dal tempo e dal vento per poter ritrovare una via qualsiasi verso casa. 

Che il punto di non ritorno diventi l’approdo verso la forza del nuovo.



sabato 13 settembre 2014

ULISSE, OCCHI D'INFINITO

Caro Ulisse,
la tua voce scalda, la tua barba folta solletica i miei sensi. Innanzi a te, uomo astuto e dai mille volti, mi spoglio di tutte le mie vesti, abbandono ogni orgoglio, ideologia femminista o pseudo tale, e mi mostro a te, nuda. Quel tuo sguardo saggio e ricco di esperienza seduce voluttuosamente anche me stasera.

Io non sono lei ma da lei traggo nutrimento e ispirazione perché è la sorgente da cui sono partita per arrivare all’altrove. Tu hai scelto di partire per il tuo viaggio mosso dal tuo senso di giustizia, dalla tua curiosità e da un’indiscussa indole eroica; Penelope è diventata l’eroina dell’amore che attende mentre io mi arrabatto in questa ricerca infinita di libertà e verità.

Un po’ di te e un po’ di lei sono in me. Mi tenete compagnia lungo il viaggio. Tu, lei, soprattutto lei.

Sei stato molto amato, uomo di presenza piena anche nell’assenza ed eroe inconfutabile di un destino colmo di lotte e pericoli. Amato da lei, ma non solo, hai calamite nello sguardo e fuoco nelle parole. Sappi che non sono qua per lodarti, sai bene cosa penso di chi fugge; io desidero leggerti dentro per comprendere cosa c’è in te che valga la pena di essere “atteso”.

Astuzia, intelligenza, sete di conoscenza fanno di te l’eroe ma di quale pasta è fatto l’uomo? Chi eri prima di acquisire il fascino sapiente di vagabondo del mondo?

Un uomo assetato di sapere, radicato nel cuore della sua donna e di suo figlio, un uomo di esperienza  e coraggio ma soprattutto  capace di amore. Il fascino emanato da chi ha amato molto nella vita non ha pari, uomo o donna che sia.

Ora ti spoglio di qualsiasi identità e parlo a te, eroe dai mille nomi.

Ti ho visto di sfuggita, un’estate in riva al tuo mare. Ti ho osservato da lontano dietro i miei occhiali scuri e, dietro al volto scavato dal sole e dal tempo, occultato da una barba folta e ingrigita ed ho intravisto lo sguardo lucido e consapevole di chi ha amato e sofferto. Amore e dolore, Ulisse, fanno di te la fantasia di ogni donna; il mistero del silenzio e del non detto ad ogni costo condiscono l’atmosfera. Sei essenziale nella dolcezza e nella forza, vibri di desiderio e non nascondi il tuo spiccato individualismo. Occhi lucidi di emozione al rimbombo del mare, tua casa itinerante. Ali e radici hai in te, ali e radici doni a chi ami raccogliendo altrettanto infinito amore.

Ti ho osservato da lontano, quell’estate in riva al tuo mare ed ho visto un masso granitico accanto a te. Il tuo senso di colpa ti sovrastava e tu parevi un bambino accanto a lui. Dagli forma Ulisse! Io ho visto una grossa pietra, tu cosa vedi? Dare forma e colore ai dolori aiuta a collocarli nello spazio e nel tempo, a ridimensionarli per riporli, poco a poco, al di fuori delle nostre stanze private. Plasmare, rimpicciolire,accettare  e non giudicare sono i passi verso la libertà che tu hai conquistato viaggiando ma che hai dovuto smussare nuovamente al tuo rientro.

Come si fa a tornare da una donna dopo vent’anni? Come si riaccende l’interruttore dell’amore e della passione? E non venire a dirmi che è sempre stata viva. 

Dopo tutto quel tempo, non ci si conosce più e il ricordo dell’altro rischia di essersi impallidito, o peggio, trasformato in una mera  illusione. Non posso credere che sia stato tutto meravigliosamente fluido e romantico; ci saranno stati gli screzi dovuti alle ripicche di chi è rimasto in attesa ed è ha provato incertezza e gelosia e i rimpianti di chi, invece, torna con  la sensazione di essersi perso ciò che non andava perso. Il ritorno alla normalità è un lavorio faticoso e costante; avviene con lentezza attraverso i gesti che, pian piano, tornano famigliari, le confidenze scambiate la sera prima di stringersi, e le abitudini che, giorno dopo giorno, riprendono un ritmo comune. Leggile pagine di te ogni sera, prima del sonno: questa è la miglior medicina per l’amore.

Che fatica i ritorni!

Per chi è andato e chi è restato non sarà mai più lo stesso. Sarà altro, semplicemente altro.

Ti ho visto Ulisse, ti vedo ogni sera passeggiare  in riva a quel mare di cui scruti l’orizzonte lontano in cerca di un volto, di una stella che ti faccia riprovare quel brivido.

Gli orizzonti sono mutevoli come i desideri umani e oggi, uomo affascinante e imperfetto, comprendo ogni tua debolezza e volontà, come te,sento il suolo oscillare, come fosse un mare, sotto i miei piedi e desidero non sentirmi imbrigliata sulla terra ferma seppure la sua visione  continui a rappresentare la più dolce delle chimere. Comprendo persino la tua indole adulterina e quell’inarrestabile sete di conoscenza che impedisce di trovar pace in un unico luogo. Ora, non posso che  fare la sola cosa possibile: smetto di giudicarti.

Avvicinati Ulisse.

Sposta i tuoi capelli e fatti guardare in quegli occhi che sanno d’infinito. Sono pronta a fare pace con te.






sabato 6 settembre 2014

ARRABBIATI, TI PREGO!

Non ti sei mai arrabbiata Penelope?

Parlo della rabbia vera, quella che pernotta sempre lì, in sordina tra una giornata e l’altra, e ci attende al varco; quel boato che scoppia improvviso ma originato da una miccia che, da  tempo immemorabile, brucia, brucia e ancora brucia.

Sei soave e lieve a prima  vista, regina del mare.

Hai un andamento fiero, la voce pacata e lo sguardo sicuro ma   l’osservazione minuziosa del tuo volto e dei tuoi gesti o l’acuirsi inaspettato del tono della tua voce ti tradiscono molto più di quanto tu possa immaginare.

Voglio vederti Penelope!

Voglio spogliarti dalla tua compostezza e urlo con tutto il fiato che ho:

“Esci fuori per ciò che veramente sei! Mostrati, apriti senza vergogna, smettila di rinsecchirti dietro ai soliti schemi, imbruttisciti, vomita il tuo senso di abbandono, piangi tutte le tue onde, fai sanguinare le tue ferite e  soprattutto smetti di essere buona e ragionevole!”

La lettura del mistico contemporaneo che più mi attrae in questo momento, il grande Osho, mi conduce a riflettere sul fatto che ogni tipo di rabbia da noi provata ha le sue radici nel passato “la ferita deve essere da qualche parte nei tuoi ricordi”, dice lui, escludendo che possa radicarsi  nel futuro che ancora non c’è e tanto meno nel presente, prerogativa di pochissimi illuminati.

Ed è proprio così. La ferita è lì, da qualche parte all’interno del film che ognuno di noi ha già vissuto ma mai “visto” davvero. In altre parole, se oggi provo rabbia significa che l’ho seminata in qualche angolo del mio giardino, in un passato più o meno remoto: basta andare a cercare il luogo esatto in modo cosciente e consapevole.

Se fai questo Penelope sai qual è il miracolo che avviene?

GUARISCI!!

Stanare consapevolmente qualcosa che è sempre stato sotterrato inconsapevolmente in un antro del tuo giardino provoca la guarigione dalla rabbia e dal dolore che l’ha generata. L’hai piantato lì quel seme ma non sai come, quando e soprattutto non ricordi esattamente dove. Il solo gesto di dissotterramento di quel seme e la sua cruda osservazione ti permette di guarire una ferita trasformandola da dolente e sanguinolenta in un indiscusso punto di forza. Paradossalmente, l’omone dalla barba bianca insegna a te, a me a tutti noi che portando alla consapevolezza azioni del passato agite inconsapevolmente, la rabbia e il dolore si dissolvono naturalmente.

Il male sparisce ed al suo posto sopraggiunge un’energia prorompente che si chiama forza!

A questo punto, penso io, il miracolo potrebbe essere totale: se retrocedo nel passato, risolvendo ogni inconsapevolezza, posso liberarmi da quest’ultimo una volta per tutte. Il passato, ridondante di ingombri spiacevoli, scompare per lasciare spazio al presente.

Penelope hai chiuso con il tuo passato una volta per tutte? Hai guardato ad ogni ferita del tempo andato, senza giudizio alcuno?

Le verità, soprattutto le più scomode, non vanno messe al buio ma , al contrario, se fatte risplendere sotto la luce del sole, senza vergogna e soprattutto senza giudizio,  donano pace concreta.

Dovremmo diventare semplici ed asettici osservatori di noi stessi lasciando che le cose siano e poi scorrano via ma, da buoni osservatori, non dobbiamo perderci nulla e non dobbiamo incorrere nella tentazione dell’occultamento.

Il concetto di consapevolezza è sempre lo stesso ma questa volta ha il sapore speciale di un miracolo, una forza naturale, un ordine universale che ha questo preciso funzionamento: stano una verità dolorosa del passato, la osservo con compassione, senza giudicarla ed essa “evapora”, scompare, sgombrando il campo al presente.

Ho sperimentato l’impossibilità di vivere il presente perché vittima e preda del passato e ho riscontrato la stessa realtà in molte persone accanto a me, persino in chi ho amato. Il passato irrisolto ostacola ogni progettualità e pertanto va rivissuto, in ogni sua parte, per essere sapientemente visto e superato. Chi è in grado di farcela è pronto per vivere quel famoso qui e ora prerogativa di pochi illuminati. Voglio fare parte di quel gruppo Penelope!

Ho visto tristezza e rassegnazione negli occhi di coloro che non cercano mai nulla,  nel passato o  nel presente, e rimangono legati alla sedia ricevuta in regalo da piccoli senza mai apportare alcun cambiamento alla loro vita. Vedo donne e uomini arrabbiati, annoiati e ciechi: cercate il seme della rabbia e del dolore nel vostro giardino e avrete in cambio presente e futuro!

Veniamo a te.

Torna consapevolmente a quel momento. Lui sceglie l’altrove a te. Un abbandono in piena regola.
Guardati da fuori. Osserva la scena senza giudicarti. Hai detto "si, attendo" ma volevi urlare "no, non ci sto, non si abbandona un amore sul più bello".

Ma hai detto si. Lui è andato e tu sei rimasta in attesa. Che rabbia!!

Non posso credere che ora sia tutto a posto tra voi ma soprattutto dentro te. Ditti la verità Penelope, non avere paura di perdere e rimanere sola. Lo sei già.

Sii sincera. Hai sprecato vent’anni nell’attesa senza la certezza di un ritorno. Le tue grazie saranno seccate nel frattempo, sarai invecchiata lasciando dietro di te la freschezza della tua giovane età scaldata da un semplice ricordo. Come fai a non provare rancore? Hai mai avuto un presente o un futuro che non fosse ritagliato sull'incerta  possibilità di una ricomparsa?

Se non sputi il tuo veleno e non mostri chi sei veramente, non posso tenerti accanto a me come amica e sorella. 

M’infastidisci Penelope. 

Mostrami chi sei veramente, sono aperta a tutto e tutti tranne a chi non si svela con verità.

Arrabbiati, ti prego!