Vado dritta al punto: non so
gestire gli abbandoni. Soffro.
Queste sono le pagine di una
donna in cammino verso la ricostruzione. Ho iniziato a scriverle sperando di
riempirle unicamente di gioia e novità propositive per il futuro ma, come ogni percorso, anche il mio è pervaso da buche in cui inevitabilmente si inciampa e dune da oltrepassare.
La mia buca: l'amore. La mia duna: farcela anche senza.
Ho deciso che avrei corso il
rischio della rimessa in gioco. Sto giocando infatti, sto rischiando e oggi mi ritrovo con le ossa rotte, le ginocchia sbucciate e il cuore che sanguina di nuovo
un po’. Ho strumenti rafforzati dall’esperienza per affrontare il dolore ma
alcune ferite hanno radici così profonde dentro la mia anima che ogni espediente,
anche il più affinato, sembra non servire a nulla. Almeno oggi.
Indubbiamente però avverto la
presenza di un qualcosa o qualcuno che riesca tenere insieme i cocci di mente e
cuore impedendo loro di sfracellarsi sul muro del pianto e della disperazione
senza ritorno. Sono i miei angeli, gli astri, le energie dell’universo, quel
Dio in cui non confido più molto o sono semplicemente io?
Penelope resta qui. Parliamone
una volta per tutte. Affrontiamo l’argomento “distacchi” in modo che la
prossima volta possa andare un po’ meglio. Cerco con te gli arnesi migliori per
affrontare il mio tallone d’Achille, per curare questa fragilità che appartiene
a molti ma non a tutti.
Odio atavicamente gli abbandoni,
gli addii. Mi provocano una scissione interna. Ogni volta sono pezzi di me che
vanno via con qualcuno o pezzi dell’altro che restano e rimbombano troppo
dolorosamente nelle viscere. E’ mancanza pura da togliere il fiato, lama che
trafigge. Ogni volta è paura di restare senza qualcosa e rimanere
sola con me e il vuoto. Ma quel vuoto c’è ancora? Fa’ davvero ancora così
paura? O si tratta dell’incapacità di rinunciare ad un modo più bello e
gradevole di vivere? Si, perché insieme è meglio.
Penelope, come hai fatto tu a
lasciare andare quell’uomo? Lo stesso che con il cuore gonfio d’amore è partito
per la sua guerra e non è riuscito a tornare a casa per lunghissimo tempo? Come
si fa ad accettare che l’amore non basti per superare ogni ostacolo? E
soprattutto perché io continuo ad aver fede in questo sentimento come se fosse
il solo per cui valesse davvero la pena vivere?
Sto imparando che le storie
finiscono e che le persone che fino a ieri ti erano dentro possano balzare
fuori anche solo per mancanza di coraggio. Si fugge dall'amore quando è lì a
portata o quando è già diventato tale per paura di rischiare e di perdere un pezzo
di se. Nessuna parte di me lo comprende. Ora nessuna parte di me perdona un
tale scempio. Faccio della mia rabbia l’ancora della salvezza ma già so che
tale stato avrà una durata limitata. Concordo con M. Marzano sostenitrice della
presenza dell’amore per sempre, quando è stato amore, dice lei, continua ad
esserlo anche dopo la fine degli atti contingenti.
Sono una romantica, una che se
ne vale la pena, non si preserva. Mi
hanno insegnato che la vita ha valore se ci si lancia e non se si resta alla
finestra. Non sono migliore di chi si tira indietro; solo diversa.
Non sempre si può scegliere chi
amare o da chi essere amati. Questa volta non ho scelto, mi sono fatta
scegliere e guidare dalla purezza di un sentimento semplicemente bello e al di
là di ogni ideale. Ho amato di nuovo. E per questo ringrazio la vita.
Incornicerò, come mi suggerisce
una saggia amica, ogni volto, anche questo, in una cornice bella ed elegante e
lo appenderò al muro dell’esperienza.
Una delle più belle.
Andrò avanti ma l’incedere non
sarà più a tentoni.