Siamo tutti vittime del pregiudizio,
cara Penelope.
Fatichiamo ad ammettere che esso toglie autenticità all'agire e al pensare nelle nostre vite ma nonostante ciò
ne siamo indiscutibilmente schiavi. Liberarsene sarebbe come tornare neonati, completamente
immersi nel bianco di una pagina ancora tutta da scrivere.
Ho toccato con mano e con il cuore
la bellezza del fare cose a cui non mi sono mai avvicinata per puro pregiudizio
sommessamente espresso dentro me. Là dove avrei detto no per pura abitudine al no, ho provato a dire prima forse e poi si. Ho vissuto l’improbabile aprendo strade in me e fuori da me e
mi sono ritrovata su sentieri sin a quel momento inesplorati a causa di semplice
pigrizia mentale o mancanza d’interrogazione.
Mi sono resa conto di avere pregiudizi
su ogni cosa. Sul tipo di abbigliamento da indossare, il comportamento da
tenere, sull'età giusta delle persone da frequentare, sulle regole di buona
educazione, sull'alimentazione, sulle tipologie di letture da affrontare o di
film da vedere, sui canoni fisici miei e altrui, su ciò che mi piace fare e
quello che invece no. Davvero su tutto. Persino sulle amicizie e sugli amori
che ho stupidamente catalogato di serie
a e di serie b quando invece,
sono le persone e i momenti di vita in cui esse compaiono nelle nostre vite a
determinarne il valore.
In questi giorni ho letto il
libro di un autore che avevo depennato dal mio panorama letterario in quanto l’avevo
aprioristicamente catalogato come scrittore bravo e preparato ma eccessivamente
vanitoso ed egocentrico nei modi e nella modalità espressiva. La mia era pura
invidia. Me ne sono accorta dopo essermi concessa la libertà di leggere il suo
ultimo romanzo lasciando la mente aperta e scevra da ogni giudizio. Sono felice
di essermi riconciliata con Alessandro Baricco che nel suo La Sposa Giovane
non si tira mai indietro ma anzi, con compiaciuta e autorizzata maestria, fa
molti passi verso il lettore svelandogli il proprio personale pensiero e alcuni
episodi della sua storia di scrittore. E lo fa proprio in quei momenti maggiormente
funzionali all'intreccio concedendo un dono di estrema bellezza. Se fossi
rimasta ancorata alla mia idea totalmente astratta mi sarei privata dell’enorme
impatto emotivo che questa lettura ha avuto su di me per non parlare del palese
stimolo riflessivo a cui mi ha condotto in seguito.
Anche tu, amica delle attese, sei
colma dei tuoi pregiudizi su te stessa e sul mare che ha inghiottito Ulisse per
anni. Il tuo preconcetto e i tuoi tabù ti impediscono di confessare alla tua
anima che, negli anni di lontananza da te, lui probabilmente ha amato altre
donne provando emozioni altrettanto forti a quelle vissute con te. Allo stesso
modo, sempre a causa di idee infondate, non ti sei concessa di utilizzare
questo lunghissimo tempo di solitudine per sperimentare nuovi amori e godere di
corpi diversi dal suo. Il pregiudizio, Penelope, è una preclusione mentale che
equivale ad imbrigliare i nostri istinti impedendoci di percorrere strade
potenzialmente rigeneranti e arricchenti.
E se sconvolgessimo tutto? E se
ci denudassimo finalmente di tutti i nostri pensieri aprioristici lasciando
davvero aperte le porte? Se fossimo totalmente sinceri con noi stessi e con gli
altri abbandonando convenzioni e convinzioni?
La metafora del “mettere
a nudo” calza a pennello in questi giorni.
L’ho fatto. Ho accettato l’invito
di un bravissimo professionista dell’immagine: uno scatto vestita e uno scatto
nuda. Si vedrà solo il volto. Il mio e quello di tanti altri. Nudi e poi
vestiti. Volti stravolti dalla nudità o finalmente liberi dalle costrizioni? Lo
decideranno studiosi della psiche umana, non certo io. Ma io porto qui
l’esperienza del superamento di un limite o pregiudizio. Un altro. Come tanti
in questi anni. E la sensazione che mi porto a casa è liberante, aperta, viva:
ho svelato qualcosa di me che a suo volta si è materializzato in me e sul mio
volto, per la prima volta, in un istante di estrema fragilità.
E’ da quest’ultima che riparto.
Dalla mia e da quella di coloro che hanno coraggio di mostrarla perché la vera
forza non è né troppo articolata né troppo ostentata ma passa attraverso
la debolezza.
Recupero pertanto la mia
fragilità da quella donna che ho creduto di dimenticare e congelare in un
passato neanche troppo lontano e mi riabilito come essere umano, allo stesso
tempo, forte e delicato. Ritrovo la capacità di piangere e commuovermi davanti
a ciò che oggi ancora non comprendo e permetto a me stessa di manifestare e
sentire sgomento.
Ho commesso un gesto questa sera: sono andata a cercare avidamente
una frase all'interno di quelle pagine di cui accennavo in precedenza. Ricordavo
alla perfezione il passaggio narrativo e avevo ben in mente il punto della
pagina in cui erano scritte le righe che desideravo rileggere.
Ecco, con lo stesso impeto con
cui ho cercato nel corpo di un romanzo quelle parole significative per me,
cercherò di riportare in vita quelle parti che ho astrattamente creduto di
dover seppellire per trasformarmi in una donna forte.
Che sciocchezza Penelope!