giovedì 23 aprile 2015

CINQUE GIORNI DI...

Penelope,
una domenica piacevolmente leggera, all'aria aperta, condita da buon cibo e ottima compagnia.

Ore gradevoli che scivolano via tra una chiacchiera di conoscenza e una di benvenuto: una di quelle delizie che resteranno nei ricordi scattati di una Reflex sapiente e curiosa.

Espressioni che indugeranno nel tempo, sorrisi raccontati, gesti svelati, baci rubati da un obiettivo silenzioso e affamato di attimi eterni. La bellezza di certi incontri risiede nelle menti e nei cuori di chi li abita ed io , amica silenziosa e ingombrante, ne vivo molti  in questi anni di nuova realtà.

Mi considero una persona fortunata.

 Amo i confronti interessanti  ai quali non rinuncio per curiosità, fame e sete di scambio, conoscenza e rilascio di energia vitale. Gli incontri non accadono ma siamo noi a desiderarli,  attirarli e condurli verso la nostra umanità: le persone entrano nella nostra vita quando essa richiede una sfida  o uno stimolo che solo loro possono regalarci. In quel dato momento.

E’ con queste modalità che l’esistenza assume un valore di dono e scoperta continua.

Gli incontri, così come l’accadimento di certi  avvenimenti, la semplice lettura di alcuni libri o il ricorrere di determinate parole si trasformano in quella esclusiva via costellata di luce che diventa, sempre più, la nostra.

Un lunedì fatto di nuove sfide. Spiragli di un futuro in divenire.
Una di quelle giornate dalla parola ricorrente. Mi sveglio la mattina e la sento pronunciare alla radio, la ritrovo poi all'interno di una conversazione ascoltata casualmente, la leggo scritta su un muro e mia figlia la sceglie come titolo per un disegno che  lascia sul cuscino prima di andare a dormire.

Il cuore: oggi è il lunedì del cuore.

L’organo vitale per eccellenza,  simbolo dell’amore romantico, situato al centro del corpo e sede strategica delle più affascinanti implicazioni filosofiche, magiche, affettive ed animistiche di ogni tempo. Al cuor  non si comanda, il cuore è di tenebra o di pietra, il cuore è rosso o trafitto, il cuore batte, si ferma o si spezza e ancora il cuore si apre e si tocca. Una parola dalle mille declinazioni, usata e abusata eppure sempre così potente e "rivestibile" di continue originali accezioni.

Alcuni gesti, se fatti di cuore, diventano carezze calde che creano legami: in un film rivisto con piacere qualche sera fa’, un Robert Redford giovane e bellissimo esponente della upper class  lega i lacci delle scarpe ad una barbara Streisand ebrea, accapigliata e bruttina facendola letteralmente capitolare. Senza scomodare il cinema, penso ad una musica infilata nelle orecchie davanti ad un panorama mozzafiato, ad un regalo inaspettato trovato nel posto più improbabile dell’universo o ancora ad un bacio che se avesse tardato anche di un solo istante avrebbe scritto una storia diversa.

Il cuore è l’organo che fa la differenza, il substrato necessario ad ogni scatto di vita, la voce che guida ogni azione, la coscienza che ci permette di aderire alle nostre viscere. Ai “senza cuore” manca quell'essenza che trasforma lo sguardo e scalda la voce in un abbraccio inimitabile.

Un martedì fatto di arte, quella di un “manipolatore di identità”.
Condivido una serata artistica con i miei figli che mi accompagnano curiosi, seppur preventivamente annoiati, ad un opening nella galleria di un’amica.

Ci troviamo di fronte a una miriade di piccole stampe degli inizi del secolo, riviste e stravolte dal tocco dell’artista che rivoluziona, sfregia, copre e ritocca i volti, le espressioni e i corpi di ieratici personaggi. Uomini, donne e bambini alterati e violati, regalano ai nostri occhi identità nuove e bestiali ma, come dice il comunicato stampa “presenti a se stessi”. Come se quelle pose impostate e rigide no potessero davvero rappresentare l’essenza della persona ma fossero  un mero involucro esterno. L’artista, in modo decisamente invasivo e rivoluzionario, estrae in modo maieutico la vera essenza di quelle dame ritratte in pose fisse e all'apparenza inflessibili. Lui osa là dove nessuno ha l’ardire di  spingersi e svela le loro ossessioni più segrete. Il lato oscuro.

Martedì, davanti a queste stampe, entro in contatto con il mio personale desiderio di rivoluzione e cambiamento senza provare alcuna inquietudine. Finalmente.

Mercoledì è la giornata del ricordo. Tre anni fa perdo la donna della mia vita: mia nonna. Mi dono silenzio e mi riempio di commozione davanti all'immagine del suo sorriso.

In questo giorno,  i miei figli mi fanno un regalo “di cuore”, un dono bellissimo ma difficile da spiegare a te Penelope, abitante di un mondo così lontano dal mio.

Si tratta di un congegno elettronico che contiene nella sua memoria centinaia e centinaia di libri:  posso scegliere quelli che desidero e farli apparire, con un semplice batter di tasti,  su uno schermo leggero e di piccole dimensioni  portabile ovunque. In questo modo ho la possibilità di leggere ciò che preferisco, in ogni dove e in ogni istante.

Inizialmente, trattandosi di una novità mediatica relativa alla cultura e alla comunicazione , l’avevo scartata anche solo come possibilità raccontando a me stessa  che io “mai avrei rinunciato al contatto tattile e olfattivo con la carta stampata”. Io , che sogno di fare la scrittrice un giorno, non mi sarei MAI piegata alle logiche del mercato che tendono a semplificare ogni ambito della nostra vita con un click e che, inevitabilmente, danneggiano il mondo dell’editoria inteso in modo canonico.

E invece, amica mia, davanti a questo dono ho ceduto con una gioia ed un entusiasmo inaspettati. Nonostante il mio motivato pregiudizio, mi sono trovata a mio agio in questa memoria infinita che ingloba  e cataloga parole, sapere, storie e vite. Mi sono sentita a casa e mi ci sono accomodata.

Ho impiegato una sera intera per studiare il mio nuovo strumento di conoscenza e poi ho acquistato il mio primo libro. Con il solito click!

L’arte della vita del grande Z. Bauman è il titolo di un testo meraviglioso il cui  principale e irrinunciabile assunto è che, per comprendere che  la nostra vita è una vera opera d’arte dobbiamo puntare alto e tentare l’impossibile. Sempre.

Arte, libri, cuore, dono, rivoluzione, vita ricordi: le parole di questi quattro giorni hanno un senso.

Z. Bauman è il noto inventore dell’espressione società o modernità “liquida”, aggettivo con cui identifica un modo di vivere tipico del mio tempo e davvero molto  distante dal tuo, Penelope, almeno da come io lo immagino. Liquidità si contrappone a concretezza e solidità. Pensa,  un mondo in cui più nulla è certo: i ruoli sociali, il lavoro, i legami affettivi, la ricchezza e prova ad immaginare quanto sia ovvio, in una realtà del genere, scadere nella banalità di una vita “ a basso costo e ancor più scarso impegno”.

Ecco, Bauman, dice no!

Nonostante il senso di precarietà, soprattutto nelle relazioni, provochi una certa destabilizzazione e insicurezza, lui sostiene una verità a cui nessuno dovrebbe rinunciare che è quella del puntare in alto e tentare l’impossibile sempre. Infondo,dice lui, la vera felicità sta proprio nella costante ricerca di quest’ultima: è proprio la sua natura fuggevole a renderla così appetibile.

Il concetto di ricerca costante, benché la lettura sia ancora da terminare, mi riconduce ad oggi. A giovedì.

Giovedì è la giornata della perdita di equilibrio: il medico mi ha diagnosticato il ritorno di un disturbo legato agli otoliti, gli organi che determinano l’equilibrio. Ecco, i miei sono andati nuovamente  fuori sede e vagano da qualche parte nei miei condotti uditivi. A parte un lieve e fastidioso disagio fisico, amica mia, vivo questa perdita di equilibrio come un presagio benaugurale in una fase di acuta e determinata ricerca di realizzazione di alcuni fondamentali aspetti della mia esistenza.

Solo chi cammina e procede rischia di cadere ed inciampare sui propri passi, magari farsi male per poi alzarsi nuovamente. Amo la ricerca costante e chi ha il coraggio di alzare l’asticella della propria soddisfazione sempre più in alto come l’artista di martedì che mi confessa “Questo lavoro è partito da un momento di profonda rabbia verso chi mi voleva imbrigliare in un ruolo artistico che non era il mio!”

In un cammino del genere è quasi scontato cadere dal piano dell’ordinario verso l’incertezza, dalla sicurezza verso i lidi dell’inconnu e il disequilibrio è quel momento magico e insostituibile in cui sentiamo eccitazione e insieme spavento per tutto ciò che potrebbe essere ma che ancora non è.

Penelope,
cinque giorni di arte, libri, cuore, dono, rivoluzione, vita, figli, ricordi: il disequilibrio creerà la melodia del vero cambiamento. 




mercoledì 1 aprile 2015

CADDE LA PIOGGIA E STRARIPARONO I FIUMI....

Sono stata in silenzio, cara Penelope, ad ascoltare il mare: mi ha parlato della vita e della sua burrascosa incostanza.

Tutto, dentro e fuori di noi, è in perenne  movimento e saper vivere è riuscire a seguire fluidamente il corso delle cose senza farsi stravolgere o sopraffare. Esse cambiano continuamente, si trasformano  modificandoci nel profondo. Ci sono giorni o istanti a partire dai quali noi cambiamo, nulla è più come prima ed è così che  veniamo colti da una smania irrefrenabile di manifestare, anche all'esterno, la rivoluzione che segna il nostro mondo interno. Non hai mai desiderato trasformare tua immagine per urlare al mondo “sono diversa, da oggi sono un’altra!” Un taglio corto e sbarazzino, un colore azzardato di  capelli o semplicemente un abito shock, uno di quei pezzi che verrebbero commentati con espressioni del tipo “Non è proprio da lei!”

E invece si. Che ne sapete voi della mia intrepida natura?

Le tue vesti bianche e color del cielo, donna Penelope,  andrebbero adattate al tempo della consapevolezza in questo continuo divenire che è la vita. Un giorno il sole splende e quello seguente il mare ti travolge in tempesta costringendoti all'adattamento, la cosiddetta resilienza. 

Ogni giorno il vento ci recapita suggerimenti, intuizioni, desideri che, se solo avessimo il coraggio di ascoltare e seguire, ci condurrebbero proprio là dove vorremmo essere. E nonostante ciò, siamo ancora in tanti, troppi, ad ignorare i segnali senza arrivare mai al  centro: al tuo tempo ci avrebbero chiamato stolti! Al mio esistono altri epiteti meno cordiali ma dall'equivalente significato.

Inconcludenti, stupidi o arroganti sprechiamo tempo, energie e pensieri dietro al nostro falso e illusorio ego  fatto di parole, parole, parole sprecate per descriverci o, ancor peggio, per  assolverci. L’ego è il nostro apparente punto di partenza e di  attracco ma privo di sostanza in quanto costruito su false credenze e non su una forza o una fede reale in noi stessi. Non riesco a non pensare a Matteo e al versetto biblico di cui ricordo sempre  Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia(Matteo 7, 24-25)

La qualità di quella roccia fa differenza, amica mia. Una grande differenza.

La tua certezza, Penelope, era Ulisse e vostro amore costruito negli anni. Qualcosa che non stava in te ma fuori da te. Anche la mia certezza, al pari della tua, era riposta in qualcosa che non albergava qui dentro.

Abbiamo tutti paura di abbandonare le nostre certezze ma nulla è certo, nulla è sicuro e soprattutto nessuno è tenuto a regalarci una tale vana speranza. Ciò che viviamo come una sicurezza unicamente mentale e razionale oppure sentimentale ci scompensa in quanto ingannevole e non autentica. Ricordo un antico senso di precarietà e instabilità proprio durante gli anni della mia vita in cui credevo di possedere tutto ciò che avevo sempre ardentemente  desiderato. 

Avevo tutto tranne me stessa.

Chi è in vero equilibrio, invece, possiede innanzitutto se stesso. Tutto il resto è un supplemento.

La profonda conoscenza di sé crea  la  forza e genera amore sincero, unico artefice del vero equilibrio. In tal caso, le fondamenta poggiano sulla roccia e non più sulla sabbia instabile e ambigua. Chi è saldo ha lo sguardo bello e sereno, non conosce la paura e il suo respiro è calmo e sicuro. In lui o lei, la mente, il cuore, la pancia e lo spirito si trovano allineati e concordi sulla direzione da seguire. Un vero e proprio stato di grazia determinato da una combinazione rara, vagamente magica, ma tutt'altro che irraggiungibile.

Penelope, un tale  equilibrio lo si conquista solo dopo aver abbandonato del tutto le proprie sicurezze  non necessariamente a causa dell’imponderabile ma soprattutto in seguito  all'azione che più di ogni altra fa sentire vivi e protagonisti della propria esistenza: la scelta.

Si sceglie ogni giorno, donna del mare, di restare o di andare, rischiare o rinunciare,  piangere o ridere, amare davvero fingere di farlo accontentandosi.  L’importante è possedere la consapevolezza che ogni scelta implicherà inevitabilmente una perdita e un arricchimento. Amo coloro che scelgono con coraggio di rinunciare alle proprie certezze propendendo per ciò che in apparenza è sbagliato, azzardato, irragionevole, imprudente ma dannatamente vero per la loro anima. Chi ha coraggio ne guadagna in saggezza e chi è saggio si libera dalle paure. 

Osho, il mistico contemporaneo amante per eccellenza della consapevolezza in tutte le sue forme ,  parlava della vita come di un “fenomeno insicuro”, ignoto e talmente sconosciuto da trasformarti in une vero e proprio “vagabondo” senza una dimora sicura in cui sostare, un letto in cui dormire la sera o cibo certo per sfamarti ma che procede senza paura e con fede in ciò che sarà.

Vagabonda del mare e del vento dovrai essere pronta ad entrare nell'oscurità dell’ignoto dove non esiste comodità e certezza ma solo rischio, pericolo e cielo aperto. Nessuna prigione Penelope ti renda schiava o vecchia prima del tempo: spalanca le braccia a ciò che non conosci  e corri incontro a ciò che dimora fuori da te, oltre i tuoi schemi  e le tue rive. Molto di quanto ti accadrà da quel momento in poi, sarà incomprensibile e inafferrabile innanzitutto a te stessa ma sarà il tuo modo per vivere a pieno. Chi si aggrappa e non crede nella potenza delle proprie ali interpreta solamente il ruolo di chi vive ma in realtà muore dentro giorno dopo giorno. Gli specchi riflettono un’immagine ma tu sei fatta di carne e sangue; quella carne deve bruciare e quel sangue fuoriuscire affinché tu senta e ti senta parte integrante di questo Universo.

Diffido di chi non spalanca il cuore e la mente all'ignoto, temo chi ama solo qualcuno e a piccole dosi, chi si risparmia e si rinchiude in un mondo aprioristico rifiutando la felicità per paura di doverla gestire. Il vivere implica la salvezza dall'aggrapparsi alla vita stessa: essa termina prima o poi per cui lasciamola scorrere e intanto issiamo le vele, come ha fatto Ulisse e, come lui, tanti altri. Abbandoniamo gli spazi angusti e generiamo l’entusiasmo con la danza della mutazione e del coraggio.

Desidero correre su queste mie gambe e renderle sempre più forti per affrontare maratone ancora più impegnative e urlerò il tuo nome affinché tu non muoia negli strascichi che la paura inevitabilmente lascia dietro sé.

A  te, amica della trasformazione, non bastano le parole. Io non sono che il tuo riflesso.