martedì 26 agosto 2014

A LEZIONE D’AMORE: LE VENT NOUS PORTERA

Di nuovo il mare. Non il tuo, Penelope.

Il mare di un Sud Italia che pare essere l’altrove di un mondo desolato eppure colmo di luce. Il Salento, un universo da indagare: è terra arida e mare dipinto in ogni tonalità dell’azzurro e del blu; frutta gialla e verde venduta a bordo strada, calura insopportabile, strade disconnesse, brulichio di gente ovunque, odori di pattume e fuoco, “pizzica” travolgente e occhi, occhi ovunque. La sua bellezza, appena sfiorata in una manciata di giorni, risiede nelle sue infinite contraddizioni che raccontano da sempre il bello di ogni cosa. Il bello di ognuno di noi, di te e di me, Penelope.

Stamattina mi è stato suggerito di leggere il testo di una canzone colma di apparenti contrasti che non riesco a levarmi dalla mente:

L'amore non esiste è un cliché di situazioni
tra due che non son buoni ad annusarsi come bestie
finché il muro di parole che hanno eretto
resterà ancora fra loro a rovinare tutto
L'amore non esiste...

Il testo continua con una serie di meccanicismi logici che tutti ripetiamo incessantemente a noi stessi, quando soffriamo per amore, come fosse un mantra volto a convincerci  che quel sentimento che chiamiamo amore e a cui tanto aneliamo non solo sia una chimera ma che addirittura non esista. 

Ma poco dopo, il testo cambia direzione, così come fa il vento Penelope, il vento che ti scompiglia i capelli là in riva al mare di casa tua e corregge la direzione alle vele del tuo Ulisse, riportandolo da te. A casa.

Ma esistiamo io e te
e la nostra ribellione alla statistica
un abbraccio per proteggerci dal vento
l'illusione di competere con il tempo

La dolcezza estrema di questa nuda verità dell'esistere e dell'abbracciarsi sarà illusoria ma è la sola verità di chi ama. La casa più primitiva dell'amore. Gli abbracci e i baci che fanno sentire accolti, protetti e invincibili contro ogni intemperia e paura.

Perché la paura è la peggiore tempesta che possa abbattersi su un amore!

Il canto volge verso il termine ricordandoci che nessuna teoria sull'amore tiene il passo alla pratica di quest'ultimo...

E non c'è letteratura che ci sappia raccontare
i numeri da soli non riescono a spiegare
l'amore non esiste, esistiamo io e te

Nulla è amore se non “io e te” ed il senso che diamo a questo esistere insieme.

Già perché è il senso che cambia ogni cosa.

Le circostanze accadono ma se non conferiamo un senso a quanto si vive, ogni avvenimento rimane lì, galleggia sulla superficie senza trovare collocazione e, dopo poco, perde d’interesse o valore. Tutto pare casuale, talvolta azzardato o frutto di un destino a cui proprio mi rifiuto di credere: ogni avvenimento è frutto di connessioni consce e non, di energie stanche o allegre, di ricerche assennate o di molli indolenze.

Potenzialmente tutto potrebbe essere privo di senso.

Nasci in un luogo, proprio quello e non un altro, ci hai mai pensato amica mia? E se fossi nata in Salento? O ancora su un altopiano afghano?

Non sarei la donna che sono oggi, con questi occhi, con questo modo di esprimermi, con questi figli e non avrei neppure l’odore che ho. Ha un senso essere nata dove sono nata? Ha un senso aver “scelto” quei genitori ed aver amato proprio quell'uomo e non un altro?

Si, si , si tutto ha il senso che io ho desiderato dare ad un’esistenza condotta con questi fili e non con altri.

L’ho cercato, non sempre ho avuto le risposte ma so che i puntini di sospensione della non chiarezza prima o poi verranno sostituiti da parole nuove o spazzati via da un vento  che riecheggerà delle mie ultime verità. La tela è mia, solo mia, come la tua Penelope è tua, solo tua. Indaga, lotta, non tralasciare nulla e unisci tutti i punti numerati; solo così la sagoma che ornerà la tua tela risulterà  di un’altissima ed inequivocabile definizione. Il disegno di ognuno è uno solo ed è esattamente quello.

In Salento mi è stata data una lezione d’amore. Il racconto di una morte fuoriesce dalle labbra di una giovane donna rimasta senza quelle braccia, senza quel “io e te”.

Un marito amato ed innamorato, un padre giovane muore improvvisamente senza avvisare, senza chiedere il permesso, silenziosamente, senza dare disturbo ma arrecando quel danno, quel boato infinito che è la mancanza.

 “Mi sono detta ora muoio anche io” mi confessa la donna durante il suo racconto. Ho compreso cosa intendeva  con naturale empatia senza bisogno di ulteriori spiegazioni.

Eppure tutto questo morire trasudava amore e questo è stato il senso. Nessuna teoria strampalata, un io e un te al di là di ogni concretezza, un abbraccio che si consuma nei sogni e nelle lacrime segrete ma comunque un “ io e  un te”.

L’amore di chi ha dovuto lasciare spazio per una vita diversa, nuova e altrettanto ricca anche se fatta di mancanza. L’amore di chi è restato aggrappandosi ai frutti  facendoli crescere senza mai dimenticare e senza che loro stessi potessero farlo, l’amore di chi sente un vuoto dentro ogni volta che assiste ad un tramonto in riva al mare o allo spreco superficiale della felicità altrui. L’amore di chi, con gli occhi lucidi di commozione, mi dice”questa storia è stata un occasione di crescita per chiunque abbia saputo e voluto coglierla”.

“Le vent nous portera” ogni risposta ma il senso quello no, quello siamo noi a darlo ed ogni volta è amore.

In questo periodo estivo, cara Penelope, ho maturato una certa insofferenza verso l’inautenticità e l’immobilismo di chi si lamenta senza mai compiere un passo verso una qualunque direzione. Il mio amico Luca direbbe che questa storia dell’essere autentici è una grande bufala perché ognuno di noi lo è solo a tratti, modulandosi a seconda delle situazioni e delle persone con cui si trova ma io dico “proviamoci almeno!” ad essere sempre aderenti al sentire più profondo, nel bene e nel male. E’ l’unica strada verso un “abbraccio” resistente, un io e un te solido, che possa non temere la paura di ciò che avverrà.

Il controllo è l’utopia più subdola, l’illusione estrema. L’abbraccio di un io e un te è l’unica apertura concreta verso una serie di accadimenti che attendono venga dato loro un senso, il senso dell’amore.

Ama Penelope!






domenica 17 agosto 2014

EMOZIONE NUDA, SEI TU

Sono stata a casa tua, cara Penelope.

Il luogo dove abiti è magico, anzi, karmico: l’abbiamo ripetuto tante volte io e Marcella in questa vacanza.

Il karma è più della magia, è una forza sovrannaturale che ti avvolge e ti conduce là dove le tue azioni ti fanno andare e fin dove lo sguardo ha il coraggio di arrivare. Da quel muro che cade a picco sul mare ho contemplato i tuoi tramonti ed ho ascoltato le parole  del  vento colmando, ogni volta, i miei occhi e il mio cuore di un’emozione senza pari. Hai saputo farmi il regalo più bello; mi hai mostrato il tuo mondo elargendomi l’ancella più meravigliosa della tua corte, il tempo silenziosamente dilatato e il mare nelle sue variegate forme, sovrastato da mille lune.

Sono pervasa da un’emozione che non riesco a trattenere ripensando ai giorni appena trascorsi con l’amica di sempre, la sorella, la donna che oggi stimo più che mai.

Assieme a noi, le nostre famiglie intere o a metà, i figli rumorosi e imperfetti ma solo apparentemente male assortiti, le nostre improbabili eppur lucide elucubrazioni mentali, gli stili educativi similari e le abitudini alimentari diverse. Ancora, le bici, gli scazzi, le urla, le corse lungo la spiaggia, le battute feroci, le somiglianze caratteriali o fisiche, i segreti condivisi, le ansie da massaie e quelle da egocentriche nullafacenti, le risate, le prediche collettive o individuali, gli abbracci, i silenzi, le troppe parole, le riconciliazioni e le emozioni degli ultimi giorni quando tutti sono consapevoli che un'altra vacanza insieme sta per finire.

Pervasi da una sana tristezza, rendiamo la nostra ultima giornata un lungo abbraccio che non vuole avere termine.

- Ogni anno, amica, qui avvengono trasformazioni incredibili per tutti noi.
- E’ vero. E’un luogo magico questo. Mai come quest’anno, me ne rendo conto.

La luna,  che immancabilmente  si affaccia sul terrazzo immerso tra i tetti di una Alghero sempre più famigliare, è la depositaria delle nostre rispettive evoluzioni. Ogni estate abbiamo vestito i panni di archetipi femminili diversi dando vita, anno dopo anno, alle donne che siamo oggi.

Un anno fa’ i tuoi sogni, amica mia, sul numero 41, come la nostra età quest’anno. Quei sogni avevano odore di catastrofe: ricordo la tua paura, l’affanno nel ritrovare questo numero ovunque quasi a predire una morte “Non voglio morire a 41 anni!”, dicevi ironicamente, quasi a voler scongiurare quel macabro sentire.

Poi il quarantunesimo compleanno è arrivato, amica, e tu non sei morta, sei qui viva e vegeta ma il tuo volto ha subito una trasformazione, come se ti fossi sottoposta ad un intervento di estetica facciale dai mirabolanti effetti leviganti. Ti si sono ammorbiditi i lineamenti ma la sede del miracolo non risiede nel tuo volto bensì nei tuoi occhi che paiono addolciti e perennemente inumiditi da un’emozione sempre pronta a sgorgare pura, priva di filtri e convenzioni.

Sei stata l’artefice primaria e indiscussa di una rivoluzione che si è consumata in quest’ultimo anno ma che si stava preparando da tempo. I semi del cambiamento li hai sparsi nel vento, anno dopo anno, e questo mare te li ha sempre restituiti rifioriti di consapevolezze e verità nuove.

Poi quel taglio netto, quei capelli corti, più corti del possibile, hanno urlato al mondo “Sono una donna io, mi spoglio di ogni orpello, guardate alla mia essenza!”

Ed è l’essenza di chi sei che oggi ti rende davvero bella, concreta, avversa ai facili entusiasmi e qualsiasi genere d’ipocrisia. Ti sei, a poco a poco, spogliata di tutto ciò che potesse facilitare il cammino rimanendo nuda davanti a te stessa e agli altri. Sono in molti a non capirti, a temerti e a fuggire da te. Anzi, da se stessi. Solo chi sa restare dentro sé ti conquista ed è a sua volta affascinato da chi sei tu.

Pur non essendo facile esserti amica, figlia, madre o marito, a dispetto di ogni logica, risulta invece semplice e lineare. I si sono si, i no sono no, la rabbia è rabbia e la gioia ha i connotati travolgenti della serenità. Con te l’inautenticità viene bandita all’ingresso di casa e guai a farne entrare i residui che inevitabilmente restano imprigionati in qualche tono di voce o in mezzo ai capelli scompigliati dal vento. Con te, da qualche mese a questa parte, l’emozione trionfa in ogni dove e l’ascolto attivo e partecipe è il dono più prezioso che sai elargire.

Le rivoluzioni, e questo lo dico a te Penelope, sono frutto di coraggio, moltissimo lavoro  e un gran dolore. Senza quello nessun cambiamento è davvero possibile: il dolore atavico delle perdite, tutte quelle della nostra vita, costituiscono il motore verso l’effettivo rinnovamento e una nuova consapevolezza di sé.

E in questa estate vissuta a contatto del tuo bellissimo mare, ho compreso che non è da tutti sopravvivere a certi eventi della vita trasformandoli in occasioni per rivalutare crudamente ciò che pareva serenamente assodato. Le rivoluzioni avvengono solo se siamo aperti ad accoglierle, a rischiare e a rimettere in gioco ogni minimo dettaglio di noi stessi e della nostra vita. La mia amica ha finalmente cessato di cliccare sul tasto “reset” ogni volta che l’esistenza le dava prova di non poter esercitare quel controllo che tutti noi crediamo invano di possedere.

La bellezza di un volto rilassato e di occhi sempre pronti all’emozione appartiene alle donne e agli uomini che decidono prima in un angolo segreto del loro cuore e poi , pian piano con consapevolezza sempre maggiore, di abbandonare quella maledetta volontà di controllo che uccide il sentire vero.

Libere associazioni in riva al mare, Penelope, la miglior forma di meditazione sperimentata in questi ultimi giorni. Quelle passeggiate bagnate d’acqua, sudore, parole e silenzi mi hanno insegnato molto di lei. Di me.

Il silenzio è fatica, l’accettarsi con i propri limiti non è vergogna, restare nel conflitto senza sensi di colpa è doveroso, essere chiari subito senza far germogliare il seme della finzione è genuino, l’inautenticità rende nervosi, trovare ragioni per ridere è vitale, non sottostare mai a quanto non ci da benessere è amore per se stessi e mille altre piccole verità. Questo sei stata nei nostri giorni di vacanza, anzi, lo siamo state insieme e l’abbiamo trasmesso anche alla ciurma che ha la sfortuna o fortuna, dipende dai punti di vista, di averci come madri.

Penelope, abbiamo parlato anche di te e siamo state insieme al tramonto su quella muraglia che cade a picco sul mare, immaginando la tua attesa. Eri lì tra noi, vestita di bianco con i tuoi lunghi capelli scuri e, avvolta nel tuo impenetrabile silenzio, hai osservato i nostri voli verso l’inconscio.
La morte, nelle sue variegate forme e nelle sue infinite accezioni ha pervaso le nostre conversazioni accendendo una sempre maggior consapevolezza sulla meraviglia di ciò che è questa vita se vissuta con pienezza e amore.

Poi, senza aspettativa alcuna, un Ulisse dai capelli bianchi e la folta barba ha fatto capolino davanti a quel mare, Penelope, una sera all'improvviso. 

Lui era ed è un Ulisse, l’ho compreso dal suo sguardo maturo e consapevole.


Era il tuo o il mio?