Di nuovo il mare.
Non il tuo, Penelope.
Il mare di un Sud Italia che pare essere l’altrove di un
mondo desolato eppure colmo di luce. Il Salento, un universo da indagare: è
terra arida e mare dipinto in ogni tonalità dell’azzurro e del blu; frutta
gialla e verde venduta a bordo strada, calura insopportabile, strade
disconnesse, brulichio di gente ovunque, odori di pattume e fuoco, “pizzica”
travolgente e occhi, occhi ovunque. La sua bellezza, appena sfiorata in una
manciata di giorni, risiede nelle sue infinite contraddizioni che raccontano da
sempre il bello di ogni cosa. Il bello di ognuno di noi, di te e di me,
Penelope.
Stamattina mi è stato suggerito di leggere il testo di una canzone colma di apparenti contrasti che non riesco a levarmi dalla mente:
L'amore non esiste è un cliché di situazioni
tra due che non son buoni ad annusarsi come bestie
finché il muro di parole che hanno eretto
resterà ancora fra loro a rovinare tutto
L'amore non esiste...
Il testo continua con una serie di meccanicismi logici che tutti ripetiamo incessantemente a noi stessi, quando soffriamo per amore, come fosse un mantra volto a convincerci che quel sentimento che chiamiamo amore e a cui tanto aneliamo non solo sia una chimera ma che addirittura non esista.
Ma poco dopo, il testo cambia direzione, così come fa il vento Penelope, il vento che ti scompiglia i capelli là in riva al mare di casa tua e corregge la direzione alle vele del tuo Ulisse, riportandolo da te. A casa.
Ma esistiamo io e te
e la nostra ribellione alla statistica
un abbraccio per proteggerci dal vento
l'illusione di competere con il tempo
La dolcezza estrema di questa nuda verità dell'esistere e dell'abbracciarsi sarà illusoria ma è la sola verità di chi ama. La casa più primitiva dell'amore. Gli abbracci e i baci che fanno sentire accolti, protetti e invincibili contro ogni intemperia e paura.
Perché la paura è la peggiore tempesta che possa abbattersi su un amore!
Il canto volge verso il termine ricordandoci che nessuna teoria sull'amore tiene il passo alla pratica di quest'ultimo...
E non c'è letteratura che ci sappia raccontare
i numeri da soli non riescono a spiegare
l'amore non esiste, esistiamo io e te
Nulla è amore se non “io e te” ed
il senso che diamo a questo esistere insieme.
Già perché è il senso che cambia
ogni cosa.
Le circostanze accadono ma se non
conferiamo un senso a quanto si vive, ogni avvenimento rimane lì, galleggia
sulla superficie senza trovare collocazione e, dopo poco, perde d’interesse o
valore. Tutto pare casuale, talvolta azzardato o frutto di un destino a cui
proprio mi rifiuto di credere: ogni avvenimento è frutto di connessioni consce
e non, di energie stanche o allegre, di ricerche assennate o di molli
indolenze.
Potenzialmente tutto potrebbe
essere privo di senso.
Nasci in un luogo, proprio quello
e non un altro, ci hai mai pensato amica mia? E se fossi nata in Salento? O
ancora su un altopiano afghano?
Non sarei la donna che sono oggi,
con questi occhi, con questo modo di esprimermi, con questi figli e non avrei
neppure l’odore che ho. Ha un senso essere nata dove sono nata? Ha un senso
aver “scelto” quei genitori ed aver amato proprio quell'uomo e non un altro?
Si, si , si tutto ha il senso che
io ho desiderato dare ad un’esistenza condotta con questi fili e non con altri.
L’ho cercato, non sempre ho avuto
le risposte ma so che i puntini di sospensione della non chiarezza prima o poi
verranno sostituiti da parole nuove o spazzati via da un vento che riecheggerà delle mie ultime verità. La
tela è mia, solo mia, come la tua Penelope è tua, solo tua. Indaga, lotta, non
tralasciare nulla e unisci tutti i punti numerati; solo così la sagoma che
ornerà la tua tela risulterà di un’altissima
ed inequivocabile definizione. Il disegno di ognuno è uno solo ed è esattamente
quello.
In Salento mi è stata data una
lezione d’amore. Il racconto di una morte fuoriesce dalle labbra di una giovane
donna rimasta senza quelle braccia, senza quel “io e te”.
Un marito amato ed innamorato, un
padre giovane muore improvvisamente senza avvisare, senza chiedere il permesso,
silenziosamente, senza dare disturbo ma arrecando quel danno, quel boato infinito
che è la mancanza.
“Mi sono detta ora muoio anche io” mi confessa
la donna durante il suo racconto. Ho compreso cosa intendeva con naturale empatia senza bisogno di ulteriori spiegazioni.
Eppure tutto questo morire trasudava
amore e questo è stato il senso. Nessuna teoria strampalata, un io e un te al
di là di ogni concretezza, un abbraccio che si consuma nei sogni e nelle
lacrime segrete ma comunque un “ io e un
te”.
L’amore di chi ha dovuto lasciare
spazio per una vita diversa, nuova e altrettanto ricca anche se fatta di
mancanza. L’amore di chi è restato aggrappandosi ai frutti facendoli crescere senza mai dimenticare e
senza che loro stessi potessero farlo, l’amore di chi sente un vuoto dentro
ogni volta che assiste ad un tramonto in riva al mare o allo spreco
superficiale della felicità altrui. L’amore di chi, con gli occhi lucidi di
commozione, mi dice”questa storia è stata un occasione di crescita per chiunque
abbia saputo e voluto coglierla”.
“Le vent nous portera” ogni risposta ma il senso quello no, quello
siamo noi a darlo ed ogni volta è amore.
In questo periodo estivo, cara
Penelope, ho maturato una certa insofferenza verso l’inautenticità e l’immobilismo
di chi si lamenta senza mai compiere un passo verso una qualunque direzione. Il
mio amico Luca direbbe che questa storia dell’essere autentici è una grande
bufala perché ognuno di noi lo è solo a tratti, modulandosi a seconda delle
situazioni e delle persone con cui si trova ma io dico “proviamoci almeno!” ad essere
sempre aderenti al sentire più profondo, nel bene e nel male. E’ l’unica strada
verso un “abbraccio” resistente, un io e un te solido, che possa non temere la
paura di ciò che avverrà.
Il controllo è l’utopia più
subdola, l’illusione estrema. L’abbraccio di un io e un te è l’unica apertura
concreta verso una serie di accadimenti che attendono venga dato loro un senso,
il senso dell’amore.
Ama Penelope!