Figli.
Ne ho avuti due Penelope perché averne
uno solo è una crudeltà, per lui o lei. Ne ho voluti due nella speranza che
potessero aiutarsi, sostenersi e divertirsi insieme. Per me, avere un fratello o una sorella ha il significato meraviglioso e utopistico dell’esserci: una presenza certa nella vita, una persona su cui poter
contare anche quando tutt'intorno è un deserto.
Sono in tanti a dirmi che la
realtà è spesso meno idilliaca del mio ideale ma sono così legata a questa fantasia
che proprio non voglio distaccarmene. Faccio i capricci, Penelope.
Ho desiderato immensamente un
fratello o una sorella che condividesse con
me gioie e dolori dell’infanzia, comprese le serate in cui mamma e papà erano
nervosi o imbronciati per chissà quali ragioni, i giorni pre partenza vacanziera
con tanto di aspettative ed eccitazioni del momento o le confessioni
strappalacrime prima del sonno. Condividere le dinamiche famigliari, belle
o brutte che siano, cementa e unisce più dello stesso
sangue: intuire l’umore di mamma in presenza dei nonni paterni, leggere la
fatica sul volto di papà davanti all'ipotesi di un pomeriggio di shopping o
vivere l’atmosfera nervosa di una cena in cui si commenterà un brutto voto, una
nota scolastica o un’importante notizia, sono alcune delle
esperienze che unificano e congiungono le anime in modo eterno.
L’esperienza famigliare condivisa
da piccoli, negli anni della crescita, lega per la vita. Ti affratella o ti
assorella per sempre. Che meraviglia!
Credo sarei una persona diversa
se avessi potuto vivere tutto questo con qualcun altro.
Ci sono giorni in cui mi sorprendo
ad invidiare i miei bambini. In quei giorni sorge in me il bisogno atavico di
accertarmi che loro comprendano quanto sono fortunati a non essere soli e
allora mi affanno a dire , a spiegare loro, con mille esempi, quanta fortuna è
nelle loro mani. Ma spesso, il mio tempismo non è perfetto e capita che io
faccia le mie orazioni mentre si accapigliano per un dispetto o un dopo una furiosa
litigata. In tali frangenti sono loro a
spiegare a me che essere in due, sempre, in ogni istante, è bello si ma anche faticoso perché
l’altro, con la sua “altisonanza” da primo figlio o la “cucciolaggine” tipica
della piccola di casa, semplicemente ROMPE!
E allora, Penelope, mi risveglio
e torno nei ranghi della ragione rendendomi conto che, se sono io ad aver avuto
una mancanza non è l’altro che deve farne le spese, soprattutto se si tratta di
un figlio.
I figli, li mettiamo al mondo con una buona dose di autocompiacimento (lo facciamo tutti, nessuno escluso) oltre che per amore, e sento
che quanto ci aspettiamo da loro, spesso, è privo di senso perché attiene al nostro
personale bagaglio e non al loro. Quello è tutta un’altra storia.
Voglio lasciarli liberi ma, sopra
ogni cosa, desidero essere una madre rispettosa dei bagagli che la vita porrà
loro sulle spalle. Dovranno essere in grado di portarli con dignità e
consapevolezza.
Se vorranno, io sarò lì altrimenti, saprò farmi da parte.
In uno, in due o in tre l’esperienza
del crescere è una meraviglia da vivere e a cui assistere. Chi diventa genitore
ricomincia il processo di crescita mille volte.
Ho da imparare da te sorella. Tu
hai lasciato libertà ed hai amato.