domenica 23 marzo 2014

OBBLIGO O VERITA'?

I cerchi si devono chiudere così come le storie altrimenti si rischia di rimanere sospesi a metà e di non trovare il bandolo della matassa; il senso. In altre parole, le verità vanno celebrate, le rotte  vanno impostate senza tentennamenti e le sfide vanno colte senza celarsi dietro a presunti limiti o debolezze.

Questa è la sola via verso l’eccellenza. Eccellenti si nasce o si diventa?

Questa la mia conversazione telefonica di ieri con uno dei meravigliosi angeli incontrati lungo il mio cammino. Eccellenti si diventa con il tempo, il lavoro su se stessi e la capacità di non sottovalutare o tralasciare nulla di sé, nemmeno le debolezze e le goffaggini. Proprio quelle, nella maggior arte dei casi, si trasformano nei fiori del successo e della realizzazione personale.

Vuoi fare un gioco con me Penelope? Il gioco della verità assoluta. 

Ti ricordi quando eravamo bambine, o meglio, quando io lo ero?

Ci si trastullava pomeriggi interi con questo sadico giochetto di gruppo, soprattutto durante le feste di compleanno. Era sufficiente un cerchio di persone, una bottiglia di plastica nel mezzo e subito l’adrenalina si elevava ai massimi livelli.

“Obbligo o verità?” Obbligo era l’imposizione a cui sceglievi di soccombere, soprattutto se ti piaceva un ragazzo, al posto della fatidica verità.

Oggi è severamente vietato barare, amica, e le autoassoluzioni non sono contemplate. Sei pronta?

Sto spalancando porte fin’ora inesplorate e se voglio oltrepassare la soglia, soggiornando armonicamente dall'altra parte, non posso concedermi maschere e finzioni. Quelle andavano bene un tempo quando, impegnata in continui atti di “prostituzione”, era impossibile maturare un sano amore per me stessa.

Ora il faccia a faccia serrato con me impedisce ogni genere di simulazione.

Allora iniziamo ad interrogare la testa.

La tua paura più grande?

“Ne ho due: la solitudine e il giudizio altrui”. Eppure ho compreso dolorosamente che la solitudine è una tappa obbligata.

Sei fiera di te?

"No. So che sto sfruttando ancora poco le mie reali potenzialità".

Passiamo al corpo. Verità assoluta sul corpo.

“Vorrei fermare il tempo ed essere sempre piacente. Le lusinghe mi piacciono e, anche se sento di averne sempre meno bisogno, non ho nessuna voglia d'invecchiare.

Il cuore. Ahi che male!

“Infondo ho sempre pensato di non meritare amore ma la ritrovata stima di me sta aprendo spiragli sui mondi della dignità e del diritto alla felicità. Solo ora sono capace di amore vero."

Ti senti una buona madre?

Sono una madre ”sufficientemente buona” nel senso inteso dal grande Winnicott e “pacificata”, inteso nel mio personalissimo senso. Ci  vogliono amore, intelligenza e presenza per educare ma lo spauracchio dell’inadeguatezza è fortunatamente sempre in agguato. Le madri peggiori sono quelle che si giudicano perfette.

Obbligo o verità? Verità sempre.

Verità è dolore, abisso, caduta  ma anche possibilità di apertura al nuovo, all'eccelso.

Verità è scegliere seguendo nient’altro che quella sottile linea rossa che congiunge, allineandoli, i tre punti focali: testa, cuore, pancia. 
Nelle scelte degli eccellenti non c’è spazio per le contaminazioni altrui, i giudizi, i falsi moralismi o, peggio ancora, le aspettative di chi accampa diritti su di noi.

Mi piace essere schietta Penelope: sulle vie verso l’eccellenza vengono bandite le “balle” una volta per tutte!

Ho vissuto una settimana intensa, colma di avvenimenti importanti che, come consuetudine, fatico a giudicare slegati tra loro. Sopra ad ogni cosa, sono stata intima testimone di una scelta difficile ed ho compreso che quando ci si trova di fronte ad un bivio fondamentale è necessario fare silenzio fuori e dentro, isolarsi ed escludere il superfluo. Le domande da porsi sono poche e chiare così come il bisogno dell’approvazione altrui è il primo elemento da eliminare. Dopo questa prima fase di pulizia ci sei solo tu e il mare della tua anima.

Faccia a faccia con la vita nuda e cruda. Obbligo o verità?

Verità sempre. Lo ribadisco con veemenza.

La non  verità  è fuffa, è muffa, è inutilità pura oltre che un delitto temporale senza pari. Di tempo ne abbiamo ma non quanto ne vorremmo per interpretare le svariate parti della nostra vita.

E allora andiamo al centro, badiamo al sodo, guardiamo dritto negli occhi ogni aspetto di questo tutto che ci circonda senza lasciar spazio alla paura che blocca o alle false verità che inquinano. Si rischia di rovinare molto, di perdere persone preziose e di mentire a se stessi, l’unico peccato che riconosco come tale.

Penelope raccontiamocela tutta questa volta. Obbligo o verità?


Non deludermi.


domenica 16 marzo 2014

FILI

L’altra sera ho visto un film d’amore, Penelope.

Quella stessa sera, ho fatto un sogno.

Apparentemente il film e il mio sogno non hanno nulla in comune ma io li sento legati da quel filo sottile e resistente che sottende ad ogni cosa, quello che unisce le persone , gli eventi, le storie di tutti noi.

Tu ne sai molto più di me sull'argomento fili. Sei la dea della tessitura e dell’incrocio colorato e annodato ma stasera voglio darti un piccolo aiuto, se me lo concedi.

Ascolta.

Nel mio sogno guidavo un’auto che saliva su nel cielo blu. Seguivo una strada i cui contorni ogni tanto sparivano e poi ritornavano netti ma ciò che conta era la salita solitaria verso l’alto. Leggo in questa imagine una volontà forte di guardare avanti e in questa salita una cessata smania di controllare lo specchietto retrovisore del passato.

Quello che è stato è stato Penelope! Inutile guardarsi indietro.

Al termine del mio tragitto approdo in una enorme piazza circolare, colma di persone brulicanti e a tinte forti: in lontananza, una serie di facciate di case colorate con colori pastello, l’uno diverso dall’altro, si apre davanti a me destando la mia meraviglia. Man mano che procedo verso le facciate, una spessa nebbia s’infittisce intorno a me velando i bei colori di quanto mi circonda. Ho la mia mano destra che stringe la mia borsa, nuova e trendy, che tengo sportivamente appoggiata sulla spalla destra quando, ad un certo punto, una figura maschile alla mia sinistra mi intima di stare attenta. Una motoretta guidata da due ragazzini si sta dirigendo verso di me con l’intenzione di strapparmi la borsa di mano. “Attenta alla borsa!”, urla lui. Li vedo arrivare, rafforzo la presa e loro non riescono nell'intento.

Solo se mi sento confusa e in balia degli eventi che annebbiano il mio sentire e la mia consapevolezza rischio di perdere ciò che ho di più prezioso e bello: l’entusiasmo, la bellezza, la fiducia nella vita e la forza.

Esattamente come il protagonista del film, Penelope. Ed ecco che annodo il primo filo bianco e annebbiato.

Avresti dovuto vederlo quest’uomo solo, affranto dalla fine del suo matrimonio d’amore, incapace di accettare questa triste realtà e offuscato dall'apatia, dalla tristezza e quella terribile la sensazione di vuoto che avrai provato anche tu, sorella, almeno una volta nella vita. Un uomo nella nebbia della solitudine. Anche lui.

E’ giunto il momento di annodare il secondo filo. Quello rosso. Il filo della forza.

Nel sogno la forza mi viene da dentro: percepisco chiaramente la presa vigorosa della mia mano e il muscolo del mio braccio che impediscono alla borsa di volare via assieme a quei due ladruncoli. La mia è una forza che mi viene intimata ma che possiedo dentro, come un riflesso immediato. Io so da dove viene Penelope, lo sai anche tu. Per esperienza comune, il cammino per raggiungerla è stato arduo e colmo di scivoloni.

Nel film il nostro uomo usa invece la forza dell’amore per tornare ai suoi colori e uscire dalla foschia cieca dell’apatia. S’innamora della voce suadente e roca di un sistema operativo: un amore impossibile il suo, perché non concretamente vivibile, eppure con tutti i connotati e le tappe dell’amore vero, compreso l'abbandono. Lui ritrova la forza di  riaprirsi alla vita reale solo dopo aver sperimentato nuovamente un sentimento totalizzante e puro mentre nel mio sogno, solo dopo aver sventato il furto, la nebbia si dissolve, tornano i colori della scena iniziale ed io riparto per il mio viaggio intimamente contenta e fiera di me stessa.

I parallelismi nelle storie sono infiniti e debordanti come lo sono i confini delle esperienze. Tutti viviamo e sperimentiamo cose e sentimenti in mille modi differenti annodando e snodando continuamente i fili della realtà e della fantasia.

Il mondo tangibile e quello inconscio si toccano, si contaminano e creano continuità e vincoli ineluttabili tra gli esseri viventi.

Un’immagine che ci colpisce può essere la rappresentazione onirica di chi l’ha dipinta o scattata così come una parola che ripetiamo incessantemente può rappresentare una forte spinta decisionale per chi ci ascolta casualmente o, ancora, un’idea prende forma solo in seguito a certi incontri a cui ci si apre con amore.

Vita, sogno, arte, realtà, inconscio, amore. Questi sono i fili. Infinite le sfumature dei colori.


Usali con maestria e con gusto, mia dea.


martedì 11 marzo 2014

CHI SALVA CHI?

Nessuno verrà a salvarti!

Nessuno verrà in tuo aiuto e ti soccorrerà. Sei tu l’unico che può farsi carico della propria esistenza.

“Sei una leonessa tu” mi diceva una donna saggia e molto accorta  qualche mese fa. “Non lasciare che sia la vita a decidere per te, fallo tu per prima, anticipala!”

“In che senso sono una leonessa? “

“Nel senso che, da sola, sei capace di far fronte a tutto: cacci, ti prendi cura di cuccioli, lotti per la tua sopravvivenza e quella altrui. Ce la fai, insomma. Ma ( Il ma mi spaventa sempre ) se c’è un leone accanto a te t’impigrisci, deleghi, lasci fare a lui e ti metti tranquilla a riposare. Non farlo!”

Il leone, per inteso, è chiunque io consideri “più di me”; più all’altezza, più forte, più autorevole. Comunque sia, è sempre altro da me.

Nessuno verrà a salvarti!

Questo sembra essere il leitmotiv delle mie giornate.

La consapevolezza avanza, la crescita incombe e con lei la tanto agognata autonomia: me la devo cavare da sola concretamente, emotivamente, in tutti i sensi. So che questa è la realtà di ognuno ma faccio resistenza. Resisto alla certezza di potercela fare davvero, resisto all’idea che “Non verrà nessuno a salvarmi” e insisto sfacciatamente nel mettere pezze di protezione altrui là dove proprio non si può.

Eppure il libro tanto amato di M. Mazzantini  diceva l’esatto opposto “Nessuno si salva da solo”.

Dunque, come la mettiamo? Soli oppure no?

La rinascita passa attraverso molte fasi e una di queste è proprio il momento della consapevolezza che nessuno viene in tuo soccorso se non lo fai tu per primo. E’ nostro preciso dovere raccoglierci, a qualunque stadio del cammino ci troviamo, per esprimere con energia e forza il nostro essere al mondo e la felicità che ne consegue.

Le energie basteranno in un modo o nell'altro, a noi il compito di crederci sul serio.

In quanto a me, non ho ascoltato il suggerimento della donna saggia e ho lasciato ancora una volta che la vita decidesse per me. Mi sono abbandonata emotivamente e ho chiesto di non essere lasciata sola dimenticandomi che questa è la vera natura di ogni essere umano e che, come tale, devo accettarla.

Anche i protagonisti del libro della Mazzantini sono soli nel loro dolore durante la razionalizzazione della fine del loro matrimonio. Un legame naufragato dietro alla falsa illusione di voler cambiare l’altro delegandogli macigni irrisolti e grovigli di nodi durissimi. Pura follia! In questo senso l’altro da noi non può e non deve salvarci. Sarebbe ingannevole oltre che insano.

Ma quando il cammino è compiuto e la capacità di farsi carico di se stessi diventa naturale come l’atto del respirare, ecco che siamo in grado di vedere il prossimo per ciò che realmente è e di aprirci  a lui privi di aspettative o di bisogni.  E' solo allora che il miracolo può accadere.

Al termine del romanzo, la coppia protagonista, ormai separata, ne incontra un'altra più anziana e del tutto sconosciuta. Da questa coincidenza, apparentemente fortuita, il loro amore ormai finito e logoro riacquista la dignità che merita attraverso le parole dell’uomo che racconta le sue vicende di vita coniugale sottintendendo sempre questo concetto: “sono stati anni meravigliosi. Non mi sono mai pentito.”

Le vite degli altri hanno sempre molto da dire a chi ha l’anima sgombra per saperle accogliere con empatia, per sentire che una parte di loro appartiene a noi tutti  e che i fili invisibili che ci legano gli uni agli altri sono molto più resistenti di quanto non ci faccia comodo credere.

Nel libro quell’uomo anziano è malato e fa una richiesta ai due protagonisti. Non li conosce, li ha solo osservati per una sera intera al tavolo di un ristorante eppure, per tutta quella sera, ha pensato ”quei due possono fare qualcosa per me … una sensazione, ma precisa come un’emozione profondissima”. Chiede loro di pregare per lui.

Mi commuove una tale domanda ed ha un suono antico nella mia mente l’atto del pregare per qualcun altro. Credenti o no, pregare per qualcuno che si conosce o che si è appena conosciuto da sapore e senso alla catena umana in cui afferma di aver fiducia il protagonista maschile del romanzo” credo nella catena umana … se stiamo qui insieme ci sarà un senso … tu e io piuttosto che altri due…”

Mi guardo intorno, Penelope, e vedo un mondo di uomini e donne  che lottano e vivono ogni giorno per indirizzare al meglio la propria esistenza. Il segreto è nelle mani del singolo, almeno per la parte controllabile dell’esistenza, il resto è invece nelle mani del tutto. Di tutti.

Credo a questo potere collettivo e all’empatia che salva. Credo all’inconscio che ci lega, ci accomuna e ci permette di proteggerci vicendevolmente, anche da lontano, anche solo con un pensiero o una preghiera d’amore.




lunedì 3 marzo 2014

MA PETITE

C’è bisogno d’amore e di bellezza!

Oggi trionfa “La grande bellezza" come miglior film straniero alla Cerimonia degli Oscar. Non posso esprimere un giudizio non avendolo ancora visto, ma già  il titolo è un tripudio di amore. Sono felice che simboleggi questa giornata.

Oggi compio quarantuno anni.

Auguri  alla piccola peste che da tutto questo tempo soggiorna dentro di me determinandone lacrime, sorrisi, vittorie e fallimenti: la bambina che nonostante capricci e urla non è mai stata degnata di ascolto perché troppo rumorosa, inopportuna, inadeguata. E non mi ci sono messa solo io a tentare di zittirla ma anche tanti altri a cui io ho delegato il potere di farlo. Mille scuse, piccola, non basterebbero.

Solo l’azione salva. Il cambiamento purificatore guarirà le ferite.

Oggi a quarantuno anni dico basta! Zitti tutti! Fuori tutti! Me la vedo io con lei, ora.

Morbidezza e accoglienza saranno le mie braccia, senso di realtà e contenimento i miei occhi, sensibilità psichica e intuito mi indicheranno la direzione.

Cambia il vento piccola mia, ci sono io ad amarti, a sorreggerti, a nutrirti. Nessuno può volerti bene quanto me, davvero nessuno. Sei bella e soprattutto non hai nulla che non vada bene. L’ho capito, ci ho messo del tempo, ma ora lo so. Abbiamo lo stesso cuore e condividiamo la medesima storia, che poi è la stessa di tanti. Se riparti da te, ora sei in grado di farcela. Questa selva non deve farti paura, ce la farai perché ora hai me.

Tu hai avuto il tuo Telemaco da amare, Penelope, io i miei figli ed, ora, anche la piccola me.