Penelope, in questo nostro mondo
esistono strumenti che nemmeno t’immagini . Al tuo tempo, sarebbero parsi
assurdi e improbabili mentre oggi, a noi tutti, risulterebbe inconcepibile la
loro assenza. Vivo in un mondo di reti internet, connessioni e social
network che supportano la nostra sete di
conoscenza e socialità. Proprio curiosando qua e là, una di queste sere , sono
incappata in un video in cui un noto filosofo disserta lungamente sulle cosiddette
“cose d’amore” citando Socrate, Platone e altri eccelsi abitanti dell'universo antico, molto più vicino a te che a me. Quello dei filosofi greci e delle loro menti superiori.
Ho ascoltato rapita, come non mi
accadeva da tempo, le parole di questo pensatore e studioso contemporaneo che
raccontava di Platone e del suo pensiero su un argomento davvero tanto abusato. Si
potrebbe piangere, Penelope, innanzi a tanta semplice verità. Gli antichi hanno
già detto ogni cosa! Loro, possessori di una conoscenza intima e rigogliosa
dell’animo umano, si esprimono con ineccepibile cognizione sui vari aspetti relativi a quel sentimento
di mancanza, ricerca del bello e lato folle dell’esistenza che noi tutti chiamiamo
Amore.
Pensa che Platone, nel Simposio, necessita proprio di una rappresentante del gentil sesso per parlarne. Non a caso.
Mi sono sentita dire, come ogni
donna, in più di un’occasione “Voi donne, follia pura, sale e pepe della vita”.
Ora, lasciando perdere la banale metafora pseudo-culinaria, devo dire che, dopo aver
riletto Platone in un’età non più scolastica nella quale molti aspetti rimangono ovviamente oscuri, non mi lagnerò
più di questo paragone donna-follia. In altre parole, Penelope, se persino
Platone affida un discorso sulle cose d’amore ad una donna, allora
m’inorgoglisco di appartenere alla specie di coloro in grado di conferire con
un vero “ demone” e che vengono investite
del compito “d’interpretare e di
trasmettere agli dei qualunque cosa degli uomini” e viceversa. La donna, di
nome Diotima, racconta di Amore colui che “tra i due mondi colma l’intervallo
sicché il tutto risulti seco stesso unito”.
Donna, la sola in grado di stare
e tradurre quel mondo che precede tutto ciò che è razionale e comprensibile,
dice Umberto Galimberti, uomo e filosofo da me adorato. E ancora, l’amore non è
per l’altro in sé ma è per ciò che l’altro accende in me e mi permette di fare,
ossia, recarmi nei meandri del mio mondo folle e irrazionale; grazie a te abito spazi altrimenti sconosciuti, ecco perché le parole
d’amore paiono così assurde e prive di senso. L’amore nasce sempre da una
mancanza e dall'irragionevolezza: non a caso, il “Mi manchi” degli innamorati procede poi sulle vie del disequilibrio “Mi fai impazzire!”
Amore, allora, è ricerca del bene,
del bello, di ciò che ci può dare respiro perché sa andare al di là del contingente,
delle leggi convenzionali del “giusto e dello sbagliato” ma non per questo è
semplice e privo di contraddizioni.
Amore ha dei natali piuttosto
atipici, amica mia: al banchetto per la nascita di Afrodite, s’incontrano una
giovane mendicante (Penia o Povertà) e un Dio (Poro o Ingegno) che si unisce
con lei, dopo aver bevuto qualche bicchiere di troppo, generando appunto Eros,
Amore. Quest’ultimo, dunque, nasce dall'unione di un padre macchiavellico,
audace e risoluto con una madre povera, vestita di stracci e abituata a
mendicare.
Ed ecco simbolicamente spiegati i
due volti dell’Amore, Penelope, il tutto ed il niente, il pieno ed il vuoto,
presenza e mancanza, lotta e piacere continuo dell’anima e del corpo volta innanzitutto
alla generazione di se stessi prima che di un terzo essere. Il senso e il non
senso insieme generano follia, quella degli amanti.
Potrei continuare in eterno a
leggere e raccontarti queste ed altre storie, sorella mia, e troveremmo sempre
saggezza e verità alla base dei temi più fondanti dell’esistenza umana. Gli
antichi, come i saggi d’oriente paiono sapere ogni cosa e sulle loro parole si
fonda un immenso patrimonio culturale a cui tutti indistintamente possiamo
avere accesso.
Cara donna del mare, rivolgo a te in queste mie accartocciate rivelazioni dell’anima proprio in quanto esponente simbolica di una condizione femminile ma, allo stesso tempo, di un mondo universalmente noto e imponente per saggezza e conoscenza. In te percepisco la credibilità di colui che ha inventato la tua storia e, da te, dal tuo Ulisse e dal sentimento di mancanza che vi ha unito, mi sento rappresentata in tutta la mia modernità.
In altre parole, di donne, uomini e del sentimento che li
fonde e poi li divide continuamente si parla da tempo immemore e sempre se ne parlerà come uno dei misteri più insondabili e variegati che
riguardano il genere umano.
Proprio in questi giorni, mio figlio
mi dice che intende iscriversi al liceo classico ed io, amica cara, gioisco di
questa volontà e bella determinazione. Platone, Socrate, Eraclito, Omero e
tanti altri ancora entreranno in questa casa in mezzo alle pagine dei libri e
ai fogli dei quaderni di un ragazzo di oggi ed io proverò gioia nel sentirli
nominare, Penelope, perché mi sosterranno nel difficile compito di genitore. Oggi
i miei occhi e il mio cuore sono nuovi rispetto ad allora e so che l’ occasione
di re incontrarli attraverso mio figlio non è, nemmeno essa, frutto di un caso.
Anche tu,dolce amica mia, che parli
una lingua antica e vivi una storia d’altri tempi, o meglio, di tutti i tempi; volgi lo sguardo a noi donne di oggi come noi guardiamo a te.
La ricchezza dello scambio
sarà reciproca.