venerdì 24 ottobre 2014

LA PAROLA AGLI ANTICHI

Penelope, in questo nostro mondo esistono strumenti che nemmeno t’immagini . Al tuo tempo, sarebbero parsi assurdi e improbabili mentre oggi, a noi tutti, risulterebbe inconcepibile la loro assenza. Vivo in un mondo di reti internet, connessioni e social network che supportano la nostra  sete di conoscenza e socialità. Proprio curiosando qua e là, una di queste sere , sono incappata in un video in cui un noto filosofo disserta lungamente sulle cosiddette “cose d’amore” citando Socrate, Platone e altri eccelsi abitanti dell'universo antico, molto più vicino a te che a me. Quello dei filosofi  greci e delle loro menti superiori.

Ho ascoltato rapita, come non mi accadeva da tempo, le parole di questo pensatore e studioso contemporaneo che raccontava di Platone e del suo pensiero su un argomento davvero tanto abusato. Si potrebbe piangere, Penelope, innanzi a tanta semplice verità. Gli antichi hanno già detto ogni cosa! Loro, possessori di una conoscenza intima e rigogliosa dell’animo umano, si esprimono con ineccepibile cognizione  sui vari aspetti relativi a quel sentimento di mancanza, ricerca del bello e lato folle dell’esistenza che noi tutti chiamiamo Amore.

Pensa che Platone, nel Simposio, necessita proprio di una rappresentante del gentil sesso per parlarne. Non a caso.

Mi sono sentita dire, come ogni donna, in più di un’occasione “Voi donne, follia pura, sale e pepe della vita”. Ora, lasciando perdere la banale metafora pseudo-culinaria, devo dire che, dopo aver riletto Platone in un’età non più scolastica nella quale molti aspetti  rimangono ovviamente oscuri, non mi lagnerò più di questo paragone donna-follia. In altre parole, Penelope, se persino Platone affida un discorso sulle cose d’amore ad una donna, allora m’inorgoglisco di appartenere alla specie di coloro in grado di conferire con un vero “ demone” e che  vengono investite del compito  “d’interpretare e di trasmettere agli dei qualunque cosa degli uomini” e viceversa. La donna, di nome Diotima, racconta di Amore colui che “tra i due mondi colma l’intervallo sicché il tutto risulti seco stesso unito”.

Donna, la sola in grado di stare e tradurre quel mondo che precede tutto ciò che è razionale e comprensibile, dice Umberto Galimberti, uomo e filosofo da me adorato. E ancora, l’amore non è per l’altro in sé ma è per ciò che l’altro accende in me e mi permette di fare, ossia, recarmi nei meandri del mio mondo folle e  irrazionale; grazie a te abito spazi  altrimenti sconosciuti, ecco perché le parole d’amore paiono così assurde e prive di senso. L’amore nasce sempre da una mancanza e dall'irragionevolezza: non a caso, il  “Mi manchi” degli innamorati procede poi sulle vie del disequilibrio “Mi fai impazzire!”

Amore, allora, è ricerca del bene, del bello, di ciò che ci può dare respiro perché sa andare al di là del contingente, delle leggi convenzionali del “giusto e dello sbagliato” ma non per questo è semplice e privo di contraddizioni.

Amore ha dei natali piuttosto atipici, amica mia: al banchetto per la nascita di Afrodite, s’incontrano una giovane mendicante (Penia o Povertà) e un Dio (Poro o Ingegno) che si unisce con lei, dopo aver bevuto qualche bicchiere di troppo, generando appunto Eros, Amore. Quest’ultimo, dunque, nasce dall'unione di un padre macchiavellico, audace e risoluto con una madre povera, vestita di stracci e abituata a mendicare.

Ed ecco simbolicamente spiegati i due volti dell’Amore, Penelope, il tutto ed il niente, il pieno ed il vuoto, presenza e mancanza, lotta e piacere continuo dell’anima e del corpo volta innanzitutto alla generazione di se stessi prima che di un terzo essere. Il senso e il non senso insieme generano follia, quella degli amanti.

Potrei continuare in eterno a leggere e raccontarti queste ed altre storie, sorella mia, e troveremmo sempre saggezza e verità alla base dei temi più fondanti dell’esistenza umana. Gli antichi, come i saggi d’oriente paiono sapere ogni cosa e sulle loro parole si fonda un immenso patrimonio culturale a cui tutti indistintamente possiamo avere accesso.

Cara donna del mare,  rivolgo a te in queste mie accartocciate rivelazioni dell’anima proprio in quanto esponente simbolica di una condizione femminile  ma, allo stesso tempo, di un mondo universalmente noto e imponente per saggezza e conoscenza. In te percepisco la credibilità di colui che ha inventato la tua storia e, da te, dal tuo Ulisse e dal sentimento di mancanza che vi ha unito, mi sento rappresentata in tutta la mia modernità. 

In altre parole, di donne, uomini e del sentimento che li fonde e poi li divide continuamente si parla da tempo immemore e sempre se ne parlerà come uno dei misteri più insondabili e variegati che riguardano il genere umano.

Proprio in questi giorni, mio figlio mi dice che intende iscriversi al liceo classico ed io, amica cara, gioisco di questa volontà e bella determinazione. Platone, Socrate, Eraclito, Omero e tanti altri ancora entreranno in questa casa in mezzo alle pagine dei libri e ai fogli dei quaderni di un ragazzo di oggi ed io proverò gioia nel sentirli nominare, Penelope, perché mi sosterranno nel difficile compito di genitore. Oggi i miei occhi e il mio cuore sono nuovi rispetto ad allora e so che l’ occasione di re incontrarli attraverso mio figlio non è, nemmeno essa, frutto di un caso.

Anche tu,dolce amica mia, che parli una lingua antica e vivi una storia d’altri tempi, o meglio, di tutti i tempi; volgi lo sguardo a noi donne di oggi come noi guardiamo a te. 

La ricchezza dello scambio sarà reciproca.













domenica 12 ottobre 2014

EMOZIONI AL VIA, RABBIA INCLUSA!

In questi giorni, carissima Penelope, ho riflettuto sul significato della rabbia come una delle possibili modalità di conquista della verità. Ho compreso emotivamente che queste due realtà viaggiano a braccetto perché, solo lasciando che la rabbia ci metta in contatto con la parte più animalesca del nostro essere, possiamo fare luce sulle nostre verità. Nessuna esclusa.

Ci vuole molto coraggio per arrabbiarsi Penelope, ecco perché ho imparato a diffidare di coloro che non si arrabbiano mai e trovano sempre un ragionevole perché ad ogni avvenimento senza abbandonarsi all'ira. “Mi ci vuole troppa energia per arrabbiarmi, mi costa troppo”, mi sono sentita ripetere per anni. Già, arrabbiarsi ha un prezzo molto alto soprattutto per “l’arrabbiato”; è un viaggio dentro il buco di un vuoto profondo da cui tutti tentiamo di fuggire. Talvolta, il dolore provocato da un tale itinerario può risultare insopportabile. Mi sono trovata più volte sull'orlo di quel precipizio senza avere il coraggio di lasciarmi cadere giù; in molte occasioni della mia vita ho preferito tirare il freno a mano e bloccare tutte le reazioni le emozioni, il dolore, le brutture e, pur di non entrare in contatto diretto con loro, ho detto ALT!

Eppure, ora l’ho compreso, quell'atto di costrizione ci depriva di qualcosa di molto prezioso che è la possibilità di rigenerarci davvero. Il momento della rabbia arriva sempre ed è l’istante della rottura ma soprattutto della perdita di una parte di noi stessi o dell’altro. Sta a noi decidere di darle sfogo o trattenerla. 

La collera ha il potere di metterci in contatto con la nostra parte bestiale e primitiva e, pertanto, è in grado di forgiare e  cambiare i connotati alle cose, alle persone così come al nostro sentire o alle possibili scelte da compiere. Lei è come un  mostro orribile che continuerà a popolare i nostri sogni se non troviamo, in qualche parte dentro di noi, il coraggio di armarci e combatterlo. E non solo, prima di vincerlo dobbiamo guardarlo bene in faccia e sapere con chi avremo a che fare per poter prendere le giuste misure e dosare le forze in modo da arrivare fino alla fine della battaglia.

La rabbia spaventa perché rompe inevitabilmente qualcosa e lascia soli. Fornisce all'altro la motivazione concreta per tagliare i fili, se non è in grado di sostenerla. E ancora, non ci munisce di alibi, la rabbia spoglia, rende vulnerabili: ecco perché è “roba” da gente  con gli attributi.

Penelope, se ti fossi arrabbiata con Ulisse e gli avessi espresso tutto il tuo dolore e il tuo senso di abbandono, forse, ti avrebbe abbandonata davvero. Non avrebbe mascherato il suo abbandono con  un viaggio di lotte e battaglie. Non gli hai mai urlato contro il tuo spasmo delirante per paura di perderlo davvero. Dilla questa verità!Urlala! I non detti creano i disastri; i silenzi alzano i muri più invalicabili.

Sarebbe tornato il tuo Ulisse se avessi davvero dato sfogo alla tua collera? Io credo di si ma quella che non ci ha creduto sei tu Penelope, solo tu!

Perché la rabbia è soprattutto verità.

Apriti finalmente alle tue storture e non trattenere più. Smetti di giudicarti e accetta ogni goccia di te, persino quella colma di veleno. Concediti la rabbia finalmente. Non solo contro te stessa ma anche contro l’altro. Senti tutto il dolore, non ti accontentare di metterlo a tacere con facili sotterfugi; fallo sfogare ed urlare. Ne hai diritto.

La vita poi viene in soccorso; abbi fede, accade.

Da quel fondo di male si risale nuove e rigenerate nelle viscere. Un nuovo sangue scorre nelle tue vene e allora accade …

Accade che la vita ti cambi continuamente, istante dopo istante. Ogni esperienza, ogni incontro aggiunge un pezzo in più a che sei o credi di essere e l’apertura nei confronti del nuovo e dell’inaspettato diventa, a poco a poco, una forza. Accade che inizi a lasciar andare la paura, il senso d’inadeguatezza e ti apri alla vita  maturando fede in lei ma soprattutto in te. Infondo ogni cosa arriva da noi. Accade che sviluppi sentimenti belli ed ampi che ti allargano il cuore e ti rendono capace di contenere molte più verità di quelle che credevi possibili,  i tuoi limiti si ridisegnano creando nuovi spazi che continui a riempire. Alla fine di questo lavoro di ricostruzione ti ritrovi finalmente colma e soddisfatta della tua essenza imperfetta. L’importante è che ogni giudizio su di te venga, da te, sospeso.

Che meraviglia diventare l’attrice protagonista della tua vita e raggiungere un livello di bravura tale per cui ti viene regalato il privilegio di poter scegliere da sola gli abiti da indossare durante ogni singola scena. Sei tu a decidere abiti, trucco, scarpe; sei tu a scrivere le sceneggiature e a sottolineare i vari stati d’animo l’intonazione più naturale. Regista, autrice, attrice, costumista e truccatrice. Il potere è nelle tue mani. O quasi.

In questo luogo di idillio, in cui ogni emozione è palpitante e a vista, ci si arriva per molte vie una delle quali è la capacità di vivere ogni sentimento possibile, rabbia compresa. Più alta è la consapevolezza del tuo valore, più ci si concede, tra le altre cose, RABBIA.

La furia è conseguenza dell’amore Penelope, per se stessi e per l’altro. Senza amore non ci sarebbe culla per lei.

Se sai dare sfogo alla tua ira, allora, hai amato!




venerdì 3 ottobre 2014

MA QUANTE SIETE?

Quante sono le Penelopi

Quante siete Voi, muse, amiche, nemiche, anime a cui parlo e mi rivolgo in queste righe di polvere luminosa sparsa sul web? Mi è stato chiesto in questi giorni.

Un gioco, una trama di figure molto più complessa di un dialogo univoco tra me e lei, tra me e te.

Dove ti nascondi Penelope? Tra quale lembo di terra e in quale onda è possibile scorgere il tuo sguardo, percepire il tuo fiato e captare la forza del tuo amore?

Ho creduto di vederti in una sola lei. Mi sono illusa di possedere ogni briciola dei tuoi segreti come dei tuoi impalpabili pensieri e invece no. Più ti parlo più mi sfuggi; più ti colgo più ti disfi in una ineffabile ombra che occulta e acceca al tempo stesso. Sono così viva in te da non riconoscere più i confini e non percepire le distanze.

Cosa e chi  incarni tu?

Un candore perduto, un’illusione svanita, una speranza incrollabile, una strategia di vita, la ricostruzione autonoma, l’amore perso e ritrovato, il fascino, la femmina rinata, la puttana consumata, il cuore abbandonato o semplicemente la donna che sei diventata insieme a me.

Lascio spazio libero alla mia voce, alla tua e, improvvisamente, paiono una. Parlare con te è come volare; mi innalzo attraverso te e guardo, lì sotto, l’infinito dei nostri mondi così lontani eppure così vicini. Ti studio, ti giudico, ti combatto, lotto contro te per poi ritrovarti dentro e vicina più che mai . Ti vorrei lontana ma poi devo arrendermi al tuo continuo insinuarti.

Io seguo te come il sole segue l’orizzonte ogni sera e tu sei nei mille sguardi di questa nuova me salda e radicata nell'oggi.

Poesia e lamento sei, strazio e dolce melodia per me. Non ti giudico più. Ho deposto le armi tranne quelle strettamente necessarie per continuare ad indagare sempre e comunque. La ricerca delle tue molteplici voci in me non avrà mai fine. Lo so bene.

Sola o con te oggi cerco nei miei ricordi la radice della tua nascita in me e la trovo nelle immagini della mia fantasia di bambina; mio padre mi raccontava la tua storia, le avventure fantastiche del tuo sposo ed io lo ascoltavo come si ascolta un Dio che si palesa e rassicura. Chissà perché proprio questa storia, tra le tante che ogni tanto intraprendeva a narrare, e chissà perché la tua figura mi ha affascinato sempre così tanto; l’idea di te con questa tela in continuo divenire, colma di colori, mi ha sempre rapita.

Da bambina, ti vedevo sola, in un angolo, alla luce di una candela, la veste bianca e i lunghi capelli corvini sciolti sulle spalle, intenta nel tuo lavorio mesto e silenzioso. La mente vaga durante i lavori manuali e sicuramente quello era il tuo momento d’incontro con lui, una visualizzazione continua delle sue gesta eroiche, dei suoi incontri, delle sue notti. Io, come te, mi aggiro con la fantasia all’interno di mondi sconosciuti e vagamente fiabeschi durante la guida o la preparazione delle cene per la mia famiglia ma il momento prediletto per i viaggi della mente è la sera, in quell'istante che precede il sonno. La preghiera di un tempo oggi è la mia connessione con un mondo che vive appena al di là del sensibile e che amo chiamare IL MIO MONDO.

Lì e solo lì incontro la parte centrale di me, di te e delle tante Penelopi in cui mi riconosco e a cui mi rivolgo in queste pagine.

Ce n’è una però, una su tutte. 

La donna che ha ricostruito dopo la distruzione e che si è data gli strumenti necessari per vivere senza finzioni: lei è la Penelope che celebro perché senza celebrazione, la vita e gli eventi che la compongono perdono di significato.

Quella Penelope sei tu, delusa ma poi forte, e sei importante.

Preparati a vivere una grande festa, indossa il tuo abito più bello e abbandonati alle danze in questa serata ancora tiepida di ottobre. Il mare pare distante ma non lo è, Ulisse è ancora tra le sue burrasche, ti sorride da lontano, forse, ma stasera non ha importanza.


Questa notte è tua Penelope. Vivila!