Sono andata a Milano qualche
giorno fa. Ho preso il treno dell’alta velocità e sono approdata in una città
colma di gente e movimento. Appena scesa a stazione Garibaldi, ho avuto la
netta sensazione di non essere solo ad un' ora dalla mia Torino ma molto più
distante.
Mi sono sentita trasportata dalla
fiumana di gente che popola la metropolitana e ho faticato non poco per arrivare da Garibaldi a Piazza Duomo transitando in quel mondo sotterraneo
che, a dirla tutta, mette un po’ d’ansia. Mi sento travolta nella folla,
a tratti soffocata.
Ho viaggiato da regina. I vagoni
nuovi di pacca, puliti e popolati da
“gente per bene”. Fighetti di prima e seconda classe, dotati di i phone,
ipad e chi più ne ha più ne metta; la
cosa pazzesca è che arrivi a Milano in cinquanta minuti e ti ricarichi anche il telefono nel
frattempo.
In piazza Duomo ho alzato gli
occhi al cielo per raggiungere con lo sguardo la guglia più alta del Duomo e
per isolarmi qualche secondo da quella moltitudine brulicante e variegata che
impazzava intorno senza sosta, senza tregua. Questa città odora
d’internazionalità almeno per una provinciale, in quanto "torinese", poco avvezza agli spostamenti. Ho avuto la
sensazione di essere al centro di un qualcosa di vivo e pullulante.
Qui non vivo la stessa cosa. Qui è casa, certezza, punto fermo, centro a misura d’uomo, spazi
vuoti tra i componenti della massa: qui sembriamo tutti uguali e uniformati
anche se le moltitudini razziali imperano. Meno grandezza più sobrietà. A
Torino si lavora a Milano SI LAVORA.
Milano torna nella mia vita.
Qualche colloquio di lavoro un po’ di anni fa, un paio di meeting sull’energia
e il gas in terrazza Martini, conoscenze varie, un quasi amore
passato e rimbalzi continui di amiche dai lavori milanesi che vivono e amano tra un treno e l’altro.
Due città ad un tiro di schioppo
l’una dall'altra che legano le vite di molti.
La mia è sempre stata qui.
Non ho viaggiato molto. Oggi mi manca non averlo fatto, o meglio, non averlo potuto fare quanto avrei voluto. Quando ti radichi in un luogo per molti anni, in un posto di
lavoro, in una casa, crei una solidissima zona di confort che si rivela poi molto ardua da
abbandonare. Me ne sono resa conto l’altro giorno.
L’apertura all'altro e al
mondo passa attraverso la conoscenza dell’altro fuori da te e del mondo stesso.
I viaggi della mente non bastano: ci vuole la conoscenza di ciò che è
sconosciuto. E’ necessario testare e sperimentare il nuovo per
contestualizzare, per uscire da sé, per conoscere e per arricchire il bagaglio
personale e culturale.
Vedere con altri occhi, navigare
con nuove vele e procedere dotandosi di strumenti originali è un atto dovuto a se
stessi e a chi ci vive accanto.
La vita è una ma tante sono quelle possibili in quest’una.
Penelope, tu sei rimasta nel tuo mondo.
Io voglio fare un salto fuori.
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