Ci sono giorni sospesi tra il
sogno e la realtà, tra verità e finzione.
Giorni in cui ciò che vivi è talmente
bello o talmente poco sopportabile da non sapere quale sia la sua esatta collocazione.
Appartengo davvero alla mia vita?
Ho visto un film ieri sera, The Words, in cui uno dei protagonisti , un vecchio uomo
vittima di plagio letterario, esprime un concetto semplice ed illuminante
alla fine delle storia “verità e
finzione possono viaggiare parallele ma non s’incontreranno mai. Ad un certo
punto nella vita bisogna scegliere o l’una o l’altra via.”
Scegliere. Una questione
semplicemente complicata.
La scelta ha il potere di creare
una vita piuttosto che un’altra. La scelta di allineare certi fili e certi
colori sull'ordito dando vita ad una trama piuttosto che ad un’altra ha effetto sul risultato finale. Il tessuto risulta bello o brutto a seconda di ciò che preferiamo
in via di tessitura e di come operiamo tecnicamente.
Con mollezza o vigore, con sapienza o approssimazione.
Tu lo sai bene Penelope!
Hai
scelto di aspettare, di fare e disfare per trovare una via di finzione che ti autorizzasse in quell'attesa, a detta di molti, folle ed infertile. Potevi decidere di
dimenticare o di sostituire il tuo amato con un altro uomo. Ne avevi tanti di
pretendenti.
Perché non l’hai fatto? Io forse avrei ceduto.
In certi frangenti, saper scegliere diventa una
questione di vita o di morte.
Alcune volte restando si
muore o, viceversa, si muore fuggendo. Altre, invece, la vita ti riaccoglie solo indugiando
o, viceversa, girando i tacchi. Non c’è una legge precisa; restare o andare, amare
o odiare, perdonare o punire, fingere o essere autentici, dire o tacere. Vale
tutto e il contrario di tutto. L’importante è esserci. Consapevolmente.
Me lo confermi Penelope? Tu c’eri
davvero nel tuo incedere paziente o procedevi per inerzia, fedele ad un ideale e basta?
Non sempre esistono parole che
possono esprimere ciò che c’è o non c’è in vista di una possibile scelta. Credo che la mancanza
di parole, intesa come interruzione di un flusso puramente razionale, indichi
la via migliore per prendere delle decisioni.
Paragono questa sensazione d’impotenza del ragionamento ad uno stato antecedente alla fase rem del sonno in cui, in modo rilassato e
staccato dal contingente, attingiamo a tutte
le risposte dall'unica fonte davvero possibile: il nostro centro.
Lì sappiamo cosa fare senza il
filtro della mente. Quest’ultima, spesso invocata come unica detentrice del
potere decisionale, è un’ottima alleata analitica dei pro e dei contro. Null’altro.
Chi sa scegliere con risultati ottimali,
o chi dovrebbe farlo per poter vivere
una vita più autentica, è il nostro intuito.
E’ quella morsa che sentiamo o
non sentiamo all'arrivo di un bacio da labbra ancora sconosciute, la sensazione
di disagio o di calore in prossimità della nostra entrata in un determinato
luogo, lo stato di pace interno o d’irrequietezza dopo esserci guardati allo
specchio, o ancora, la reazione di sgomento o indifferenza davanti ad un rifiuto.
Mille sono le sensazioni
intuitive che ci conducono a schierarci ogni giorno, da una parte o dall'altra. E, nonostante la mancanza di un risultato immediato, noi scegliamo quotidianamente,
di ora in ora, attraverso piccoli gesti, piccoli segni, piccoli si e piccoli
no, che indicano progressivamente la direzione.
Un giorno tutto ciò che ora è piccolo brillerà di grandezza.
Sono consapevole di accatastare
pezzi di scelta, oggi sul domani, che si trasformeranno nei grandi spartiacque della mia vita in ricostruzione.
Nulla accade per caso e nulla è
scelto a caso. Mi sono convinta, nel tempo, che le nostre mani racchiudono un potere immenso, molto più
grande di ciò che ci vien comodo pensare. I pensieri che abbiamo sono forti e
potenti e sono in grado di cambiare la direzione delle cose, attirando o respingendo quelle giuste per noi.
Desidero fare buon uso di tutto questo potere.
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