lunedì 12 maggio 2014

CHI SONO GLI AUDACI?

Ci sono azioni o parole che sgorgano libere, fuori dal controllo della nostra mente pensante. Stefano Sgambati esordisce, nel suo ultimo romanzo, dicendo che ci sono alcune cose che "vogliono essere dette”.

Non solo di parole si tratta ma  di tutte quelle manifestazioni di gioia, d’ira o di sentimento che ci fanno compiere un passo in là, al di fuori del sentiero sapientemente tracciato da noi stessi. Gesti senza calcolo, partoriti senza un fine. I cosiddetti “passi falsi”, chissà poi perché “falsi”. Rispetto a cosa? Ad un programma di vita o di comportamento da tenere in determinate circostanze?

“Ci siamo lasciati, allora devi sparire dalla mia vita come se non fossi mai esistito” oppure “Avevamo deciso di andare al mare ed ora non possiamo smontare tutti i programmi per decidere di andare in montagna” o ancora ”Vorrei cambiare lavoro perché quello che faccio non mi rappresenta affatto ma non si fa una pazzia del genere in questo momento storico, non alla mia età poi”. Gli esempi sarebbero davvero infiniti.

Sembriamo macchine da guerra programmate per scopi univoci, per far soldi, per procreare, raggiungere e oltrepassare i propri limiti o amare le “persone giuste”, quelle che, almeno in apparenza, combaciano con la nostra natura. Algoritmi d’amore e di vita perfettamente vissuta.

Non ne posso più, Penelope, di tutto ciò che è corretto, degli schemi logici e della coerente programmazione. Sostare nei ranghi dovrebbe proteggere dalla sofferenza, lo crediamo tutti per un po’, mentre uscirne ti rende fragile, ti scopre la pelle, ti pone alla “mercé” del mondo. Perché la vita, lo sai anche tu dolce amica, è davvero altra cosa dall'esistere.

Dal basso dei miei quarant'anni urlo ad alta voce che la vita è bruciarsi il culo, un giorno dopo l’altro, come quando dici un “ti amo” dopo anni che non lo dicevi o come quando prendi decisioni impopolari ma profondamente tue. Può andarti bene come male.

Sei stato tu lì, in quel momento, a raccontare la tua verità, spogliata di ogni paura o falso mito, tu e il tuo sentire. Questo ti basti.

Questo ti deve bastare per vivere davvero. Tutti esistono e tutti stanno al mondo ma pochi, seppur siano in lieve aumento, escono dal proprio micro cosmo per spalancare le porte dell’anima e del cuore. Viaggiare aperti, trasportati da una corrente di fiducia e consapevolezza, uscire da quella dannata zona di comfort dove tutto è neutro e grigio ma così maledettamente certo e sicuro.

Qual è la tua zona di comfort Penelope?

Itaca, la tua tela, il tuo mare, le braccia del tuo uomo o nulla di tutto ciò. Un solo luogo, un solo lavoro, un solo amore, una sola vita da madre. No.

Sei stata per anni nel tuo comfort con Ulisse, nel tuo mondo incantato, e poi ne sei dovuta uscire: la tela che ordisci  è uno stratagemma che hai cercato per non dover abbandonare del tutto la tua zona comoda ma è, allo stesso tempo, una forte azione di coraggio, una strada contro le regole e l'irreprensibilità.

Brava amica, ora ti abbraccio: se tu fossi qui batterei sul palmo della tua mano!

Andare oltre quella zona è contro natura, ti strappa dalla tranquillità acquisita in anni e anni, ma è nostro dovere farlo perché vivere è un’esperienza per  audaci.

Non credere che l’audacia appartenga unicamente al tuo Ulisse e a chi, come lui, compie gesta memorabili che verranno ricordate nel tempo.

Audace è ugualmente colui che resta, amando in silenzio, e da lontano, fidandosi nient’altro che di se stesso.

Audaci oggi sono le donne che dicono “basta”, gli uomini che sanno anche piangere, i lavoratori che lottano per un diritto e tutti coloro che usano l’intelligenza per dire o non dire, per denunciare o, viceversa, farsi carico di ogni responsabilità.

Io sto dalla loro parte e mi coloro di tutti i colori dell’arcobaleno: il blu creativo, il giallo selettivo, il verde energetico, il rosso  passionale e vitale, il viola trasformante.

Con un respiro profondo anniento il grigio e il nero imperanti, cupi e ansiogeni e prego, nel profondo, per il più audace di tutte le categorie umane, colui che dice “ti amo” a chi l’amore nemmeno sa cos'è.










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