martedì 15 aprile 2014

GLI UOMINI COME LE DONNE

Ci si perde tutti nello stesso modo, uomini o donne. Ne parlavo una sera di queste con un amico, degno rappresentante della categoria maschile, a cui voglio un gran bene.

Nella mia idea di scrivere una storia, un romanzo, o qualcosa che gli si avvicini,  prevarica il leitmotiv della perdita di sé come la sola strada per poter approdare a nuovi lidi capaci d’imprimere una sferzata d’aria nuova alla propria esistenza. Perdersi nel senso di uscire dalla propria zona di confort, alzarsi dai morbidi ed avvolgenti cuscini di tutto ciò che è noto per avventurarsi in territori lontani, apparentemente angusti e difficili. Quando lo fai è perché la vita ti ha condotto lì, in un modo o nell'altro.

Spesso, proprio ciò che risulta inaccettabile e inaccessibile ci attrae come una calamita contro il nostro volere. Ciò che mai avremmo voluto vivere o che ci appare “troppo" presenta il conto sfidandoci; una voce  sussurra “Eccomi, gioca con me, ti sfido. Lo faccio ora perché so che, solo ora, puoi farcela”.

Senza farlo apposta, mia cara compagna di viaggio, la storia che sto abbozzando racconta di un uomo che parte e una donna che resta. Un refrain della mia mente, un ritornello incantato da cui non mi libero semplicemente perché è frutto dell’esperienza più indelebile. Partire o rimanere, andare per ritrovare oppure perdere e, ancora, restare per smarrire o ritrovare.

Ed è qui che uomini e donne scelgono di percorrere la loro strada in modo apparentemente diverso ma, in sostanza, analogo.

Questo blog racconta il mio modo, Penelope, il nostro. Il modo delle donne. Un certo tipo di donne.

E loro? Gli uomini? I tanti Ulisse che campeggiano nel cuore di ognuna di noi quale strada scelgono? Dove vanno quando testano l’altrove? Cosa sperano di trovare e cosa trovano? Cambiano davvero durante il loro “andare” o s’illudono semplicemente?

All'uomo è più congeniale la scelta del cercare nell'altro da sé ciò che non trova dentro, del perdersi nei luoghi e nelle persone, dell’abbandonarsi in qualcosa o in qualcuno piuttosto che infilarsi dentro se stesso e restare?

E poi noi, cara Penelope, siamo così certe noi donne, di non scappare pur restando?

Io ho vissuto spesso questa illusione di una me apparentemente compatta ma scissa in mille schegge impazzite. Un assassinio interno provocato dalla fuga perenne dalla verità di un sentire ancora troppo doloroso. E la fuga ha mille facce, te lo ricordo, che tutti noi interpretiamo con una mimica ed una prodezza recitativa senza eguali. Tu stessa l’hai messa in atto con lo stratagemma della tela; fuggivi dai proci, dalle responsabilità, dall'incalzare del tempo, dal terrore che il tuo uomo non fosse con te nemmeno nel pensiero e dal peso della solitudine.

Gli uomini, Penelope!

Quanto volte l’abbiamo detto con tono al limite dello sprezzante e denigratorio. Tu forse no, tu ti sei sempre espressa al singolare ed hai misurato i toni e le parole. In questo siamo profondamente diverse.

Ma che ne sappiamo noi degli uomini, dei loro mondi e dei viaggi della loro mente. Sono questi ultimi  in grado di spiazzarci privandoci di certezze che sembravano assodate o viceversa regalandoci sorprese di una meraviglia inaspettata.

E allora, lo sostengo ancora più a gran voce; ci si perde e ci si ritrova allo stesso modo, uomini o donne. Metto fine alle retoriche generalizzazioni che non trovano radici nei vissuti dei protagonisti stessi delle storie di ognuno di noi.

Sembra difficile per una come me che si diletta a scrivere, dare voce ad un personaggio maschile che decide di andare via e perdersi nel mondo perché la contingenza della sua vita gli è divenuta ormai impossibile ed impraticabile. Per farlo, in realtà, devo solo immaginare a come mi sarei persa io se me ne fossi andata, se avessi detto “mollo la presa, me ne vado via!”. Dove sarei andata? Cosa avrei fatto? Con quali surrogati di verità mi sarei consolata?

Ci si perde in mille modi per ritrovarsi oppure no, donne o uomini.

Si Penelope, io ne parlo al plurale. Non posso fare altrimenti. Li sto conoscendo, studiando e interpretando gli uomini. Oggi so cosa apprezzo in loro e cosa invece non posso davvero tollerare.

Prima la mia attenzione si era concentrata su un solo “Ulisse” mentre ora il raggio diagnostico si è allargato  al fine di reimparare a conoscerli e ad amarli.

L’amore Penelope è il solo miracolo che salva ognuno di noi, uomo o donna.

Tu continua ad amare.

Io imparo tutto da capo.



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