Nessuno verrà a salvarti!
Nessuno verrà in tuo aiuto e ti
soccorrerà. Sei tu l’unico che può farsi carico della propria esistenza.
“Sei una leonessa tu” mi diceva
una donna saggia e molto accorta qualche
mese fa. “Non lasciare che sia la vita a decidere per te, fallo tu per prima,
anticipala!”
“In che senso sono una leonessa? “
“Nel senso che, da sola, sei
capace di far fronte a tutto: cacci, ti prendi cura di cuccioli, lotti per la
tua sopravvivenza e quella altrui. Ce la fai, insomma. Ma ( Il ma mi spaventa sempre ) se c’è un leone accanto a te
t’impigrisci, deleghi, lasci fare a lui e ti metti tranquilla a riposare. Non
farlo!”
Il leone, per inteso, è chiunque
io consideri “più di me”; più all’altezza, più forte, più autorevole. Comunque
sia, è sempre altro da me.
Nessuno verrà a salvarti!
Questo sembra essere il leitmotiv
delle mie giornate.
La consapevolezza avanza, la crescita incombe
e con lei la tanto agognata autonomia: me la devo cavare da sola concretamente,
emotivamente, in tutti i sensi. So che questa è la realtà di ognuno ma faccio
resistenza. Resisto alla certezza di potercela fare davvero, resisto all’idea
che “Non verrà nessuno a salvarmi” e insisto sfacciatamente nel mettere pezze
di protezione altrui là dove proprio non si può.
Eppure il libro tanto amato di M.
Mazzantini diceva l’esatto opposto
“Nessuno si salva da solo”.
Dunque, come la mettiamo? Soli oppure
no?
La rinascita passa attraverso
molte fasi e una di queste è proprio il momento della consapevolezza che
nessuno viene in tuo soccorso se non lo fai tu per primo. E’ nostro preciso
dovere raccoglierci, a qualunque stadio
del cammino ci troviamo, per esprimere con energia e forza il nostro essere al
mondo e la felicità che ne consegue.
Le energie basteranno in un modo
o nell'altro, a noi il compito di crederci sul serio.
In quanto a me, non ho ascoltato
il suggerimento della donna saggia e ho lasciato ancora una volta che la vita decidesse
per me. Mi sono abbandonata emotivamente e ho chiesto di non essere lasciata
sola dimenticandomi che questa è la vera natura di ogni essere umano e che,
come tale, devo accettarla.
Anche i protagonisti del libro della Mazzantini
sono soli nel loro dolore durante la razionalizzazione della fine del loro matrimonio.
Un legame naufragato dietro alla falsa illusione di voler cambiare l’altro delegandogli
macigni irrisolti e grovigli di nodi durissimi. Pura follia! In questo senso l’altro da
noi non può e non deve salvarci. Sarebbe ingannevole oltre che insano.
Ma quando il cammino è compiuto e la capacità
di farsi carico di se stessi diventa naturale come l’atto del respirare, ecco
che siamo in grado di vedere il prossimo per ciò che realmente è e di
aprirci a lui privi di aspettative o di
bisogni. E' solo allora che il miracolo può
accadere.
Al termine del romanzo, la coppia protagonista,
ormai separata, ne incontra un'altra più anziana e del tutto sconosciuta. Da questa coincidenza, apparentemente fortuita,
il loro amore ormai finito e logoro riacquista la dignità che merita attraverso
le parole dell’uomo che racconta le sue vicende di vita coniugale
sottintendendo sempre questo concetto: “sono stati anni meravigliosi. Non mi sono mai pentito.”
Le
vite degli altri hanno sempre molto da dire a chi ha l’anima sgombra per saperle
accogliere con empatia, per sentire che una parte di loro appartiene a noi
tutti e che i fili invisibili che ci
legano gli uni agli altri sono molto più resistenti di quanto non ci faccia
comodo credere.
Nel libro quell’uomo anziano è
malato e fa una richiesta ai due protagonisti. Non li conosce, li ha solo
osservati per una sera intera al tavolo di un ristorante eppure, per tutta quella
sera, ha pensato ”quei due possono fare qualcosa per me … una sensazione, ma
precisa come un’emozione profondissima”. Chiede loro di pregare per lui.
Mi commuove una tale domanda ed
ha un suono antico nella mia mente l’atto del pregare per qualcun altro. Credenti
o no, pregare per qualcuno che si conosce o che si è appena conosciuto da
sapore e senso alla catena umana in
cui afferma di aver fiducia il protagonista maschile del romanzo” credo nella catena umana … se
stiamo qui insieme ci sarà un senso … tu e io piuttosto che altri due…”
Mi guardo intorno, Penelope, e
vedo un mondo di uomini e donne che
lottano e vivono ogni giorno per indirizzare al meglio la propria esistenza. Il
segreto è nelle mani del singolo, almeno per la parte controllabile dell’esistenza,
il resto è invece nelle mani del tutto. Di tutti.
Credo a questo potere collettivo
e all’empatia che salva. Credo all’inconscio che ci lega, ci accomuna e ci
permette di proteggerci vicendevolmente, anche da lontano, anche solo con un
pensiero o una preghiera d’amore.
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