martedì 11 marzo 2014

CHI SALVA CHI?

Nessuno verrà a salvarti!

Nessuno verrà in tuo aiuto e ti soccorrerà. Sei tu l’unico che può farsi carico della propria esistenza.

“Sei una leonessa tu” mi diceva una donna saggia e molto accorta  qualche mese fa. “Non lasciare che sia la vita a decidere per te, fallo tu per prima, anticipala!”

“In che senso sono una leonessa? “

“Nel senso che, da sola, sei capace di far fronte a tutto: cacci, ti prendi cura di cuccioli, lotti per la tua sopravvivenza e quella altrui. Ce la fai, insomma. Ma ( Il ma mi spaventa sempre ) se c’è un leone accanto a te t’impigrisci, deleghi, lasci fare a lui e ti metti tranquilla a riposare. Non farlo!”

Il leone, per inteso, è chiunque io consideri “più di me”; più all’altezza, più forte, più autorevole. Comunque sia, è sempre altro da me.

Nessuno verrà a salvarti!

Questo sembra essere il leitmotiv delle mie giornate.

La consapevolezza avanza, la crescita incombe e con lei la tanto agognata autonomia: me la devo cavare da sola concretamente, emotivamente, in tutti i sensi. So che questa è la realtà di ognuno ma faccio resistenza. Resisto alla certezza di potercela fare davvero, resisto all’idea che “Non verrà nessuno a salvarmi” e insisto sfacciatamente nel mettere pezze di protezione altrui là dove proprio non si può.

Eppure il libro tanto amato di M. Mazzantini  diceva l’esatto opposto “Nessuno si salva da solo”.

Dunque, come la mettiamo? Soli oppure no?

La rinascita passa attraverso molte fasi e una di queste è proprio il momento della consapevolezza che nessuno viene in tuo soccorso se non lo fai tu per primo. E’ nostro preciso dovere raccoglierci, a qualunque stadio del cammino ci troviamo, per esprimere con energia e forza il nostro essere al mondo e la felicità che ne consegue.

Le energie basteranno in un modo o nell'altro, a noi il compito di crederci sul serio.

In quanto a me, non ho ascoltato il suggerimento della donna saggia e ho lasciato ancora una volta che la vita decidesse per me. Mi sono abbandonata emotivamente e ho chiesto di non essere lasciata sola dimenticandomi che questa è la vera natura di ogni essere umano e che, come tale, devo accettarla.

Anche i protagonisti del libro della Mazzantini sono soli nel loro dolore durante la razionalizzazione della fine del loro matrimonio. Un legame naufragato dietro alla falsa illusione di voler cambiare l’altro delegandogli macigni irrisolti e grovigli di nodi durissimi. Pura follia! In questo senso l’altro da noi non può e non deve salvarci. Sarebbe ingannevole oltre che insano.

Ma quando il cammino è compiuto e la capacità di farsi carico di se stessi diventa naturale come l’atto del respirare, ecco che siamo in grado di vedere il prossimo per ciò che realmente è e di aprirci  a lui privi di aspettative o di bisogni.  E' solo allora che il miracolo può accadere.

Al termine del romanzo, la coppia protagonista, ormai separata, ne incontra un'altra più anziana e del tutto sconosciuta. Da questa coincidenza, apparentemente fortuita, il loro amore ormai finito e logoro riacquista la dignità che merita attraverso le parole dell’uomo che racconta le sue vicende di vita coniugale sottintendendo sempre questo concetto: “sono stati anni meravigliosi. Non mi sono mai pentito.”

Le vite degli altri hanno sempre molto da dire a chi ha l’anima sgombra per saperle accogliere con empatia, per sentire che una parte di loro appartiene a noi tutti  e che i fili invisibili che ci legano gli uni agli altri sono molto più resistenti di quanto non ci faccia comodo credere.

Nel libro quell’uomo anziano è malato e fa una richiesta ai due protagonisti. Non li conosce, li ha solo osservati per una sera intera al tavolo di un ristorante eppure, per tutta quella sera, ha pensato ”quei due possono fare qualcosa per me … una sensazione, ma precisa come un’emozione profondissima”. Chiede loro di pregare per lui.

Mi commuove una tale domanda ed ha un suono antico nella mia mente l’atto del pregare per qualcun altro. Credenti o no, pregare per qualcuno che si conosce o che si è appena conosciuto da sapore e senso alla catena umana in cui afferma di aver fiducia il protagonista maschile del romanzo” credo nella catena umana … se stiamo qui insieme ci sarà un senso … tu e io piuttosto che altri due…”

Mi guardo intorno, Penelope, e vedo un mondo di uomini e donne  che lottano e vivono ogni giorno per indirizzare al meglio la propria esistenza. Il segreto è nelle mani del singolo, almeno per la parte controllabile dell’esistenza, il resto è invece nelle mani del tutto. Di tutti.

Credo a questo potere collettivo e all’empatia che salva. Credo all’inconscio che ci lega, ci accomuna e ci permette di proteggerci vicendevolmente, anche da lontano, anche solo con un pensiero o una preghiera d’amore.




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