Penelope, nulla da fare!
In questo periodo dell’anno sono facile preda
di mille grovigli malinconici, le parole non “vengono
facili” e anche il dialogo con te ne risente, stenta a trovare la sua
direzione. Ho provato ad immaginare un modo nuovo di vivere questo Natale
svincolandomi idealmente da impegni e formalità che percepisco sempre più
artefatti.
Ho immaginato te, me, Ulisse e
pochi altri commensali stretti intorno ad un tavolo, immersi in una calda
atmosfera e accompagnati da una dolce
musica di sottofondo, intenti a sorseggiare ottimo vino e gustare buon cibo. Mi sono
chiesta con chi avrei condiviso volentieri quel tavolo la sera di Natale. Chi
renderebbe davvero magica la sera che, per tradizione, è già la più incantata
dell’anno? La stessa in cui tredici anni fa nasceva il mio primo figlio. E
pensare che quando ero una ragazzina ho sempre fantasticato sull'eventualità
di diventare madre nei giorni intorno al Natale e così è stato, come fosse
scritto.
Partorire la sera della vigilia è
stata l’esperienza più straordinaria e colma d’incanto che si possa immaginare. L'emozione di quel ricordo mi stordisce ancora.
Vorrei mio figlio a quel
tavolo, con tutta la sua acerba mascolinità in divenire e, accanto a lui, la mia giovane bambina dagli
occhi color del cielo che si sta aprendo con dolcezza inconsapevole al suo
essere donna.
Lei splende. Lui scalpita.
Vorrei te Penelope, mia ancella, confidente amata ed
odiata, alter ego da esplorare, combattere e da cui trarre prodigioso esempio
per caparbietà, fede e capacità di amore. Ti amo e ti odio, bellezza di tutti
mari, perché in te rivedo una parte di me che è stata e non è più ma che mai
rinnegherò: senza tutti i pezzi passati non saremmo mai chi siamo oggi e , come
dice il grande A. Einstein “La vita non
ti da le persone che vuoi, ti da le persone di cui hai bisogno: per amarti, per
odiarti, per formarti, per distruggerti e per renderti la persona che era
destino che fossi”.
Ecco Penelope, alla tua vita mi sono ispirata, alla tua
scuola di ricamo e tessitura mi sono formata per creare, distruggere e poi
ricostruire ancora e con fatica la donna che sono ora. Il disegno che ne fuoriesce è ricco di punti
da riprendere e imperfezioni da appianare ma, nel suo insieme, è armonioso e
piacevole alla vista e al tatto, profuma di pulito e bruciato insieme. Da te ho
imparato che i fili superflui vanno tagliati e riannodati al fine di rendere
l’immagine compatta e i colori più vividi, anche se disfarsi di alcune parti crea sempre un po’ di
dolore. I fili che getti alle fiamme sono quelli che purificheranno l’aria trasformandola in nuova
energia.
Con te e da te ho imparato che l’amore
non è solo mancanza bensì non- attaccamento e, soprattutto, tempo; è lasciare libero l’altro
abdicando ad ogni mania di controllo.
A tale proposito, parlo a te
Ulisse, altro prezioso commensale alla mia tavolata natalizia, questa inconsueta
donna, oltre ad aver compreso che tu non le appartenevi come una mera proprietà,
ti ha regalato il suo tempo, un tempo infinito nel quale tu, incallito viaggiatore,
hai sperimentato la libertà in tutte le sue forme. Non dimenticarlo mai Ulisse.
Sei stato libero, giorno dopo giorno per venti lunghi anni, oggi, domani,
ANCORA domani e l’indomani seguente, ANCORA. Il grande Lacan, psicoanalista e
filosofo francese dei primi del Novecento, riconosce nella parola ANCORA, la
parola dell’amore perché racchiude in sé quel desiderio di ripetizione eterna proprio
delle anime che “inciampano per caso”
l’una nella vita dell’altra dando vita ad un incontro d’amore. Ancora i
baci, ancora le carezze, ancora gli abbracci che curano, ancorale parole,
ancora le notti insieme, ancora i risvegli, ancora, ancora…
Sei un uomo arguto e saggio: hai
mantenuto vivo il ricordo di lei,
nonostante la tua fuga travestita da eroismo, e l’hai amata anche da lontano.
Per tornare da lei e tuo figlio, hai rinunciato a diventare immortale. Hai
detto no a mille ANCORA possibili e hai fatto finalmente ritorno. Anche questo,
in tutta la sua imperfezione, è amore.
In pochi hanno l'occasione e il dono di vivere certi miracoli. Tu l’hai avuta con lei ed io, a quel tavolo, non
potrei desiderare compagnia migliore: i protagonisti, fallibili e bellissimi,
di un prodigio d’amore, simbolo di mille altri. Sono certa che i miei occhi
sarebbero avidi, le mie domande inopportune e la poesia che scaturirebbe dai
vostri racconti, eccelsa.
A quel tavolo vorrei ancora mia
madre e mio padre, finalmente ritrovati nel mio cammino di pacificazione e gli
amici, quelli veri, quelli che restano anche quando trabocchi di felicità e vivono
con autentica empatia ogni passo del cammino senza lasciare mai il campo.
Gli incontri, cara Penelope, sono
la ricchezza del nostro vivere, essi racchiudono sempre un segreto, sono strade
possibili, deflagrazioni dell’anima o della mente e, in certi casi, veri scoppi
del cuore. Quando un incontro mette in contatto tutte queste parti l’una con l’altra,
siamo in presenza di un evento colmo di
grazia, un accidente soprannaturale per
cui non è possibile esimersi dal ringraziare.
Al convivio natalizio non mancherà
un pensiero per tutti gli ANCORA, i
GRAZIE, i prodigi, gli occhi, gli
abbracci, le parole raccolte in questa mia navigazione.
Aggiungo un posto alla mia tavola
per ognuno di loro e per te che sei lì, sulla soglia della porta, e ti guardi
intorno timoroso di allungare il passo; per te che hai tradito il nostro patto
e non trovi pace; per te che preferisci
il silenzio alla verità; per te che
soffri delle tue ossessioni ma che hai saputo rivoltare la tua anima; per te
che non sai scegliere; per te che soffri per la morte di un padre mancato; per
te che non smetti di inseguire false illusioni;
per te che hai soffocato l’indicibile per anni e anni; per te che baci tutti;
per te che non vedi l’ora di diventare madre; per te che non sai da che parte
ripartire e hai smesso di amarti; per te che ti sei trasformato da canna in
balìa dei venti in salda roccia ; per te
che hai combattuto la malattia a testa alta e poi per te che ti prendi cura di
tutti tranne che del tuo cuore; lo aggiungo per te che ci sei e non ci sei e
per te che corri fiducioso incontro ad un futuro incerto e ricco di salite; per
te che ami dormire fino a tardi e per te che sai insegnare la musica; per te che cresci i tuoi figli da solo e ti
illudi di essere un uomo libero e poi ancora, per te che ami oltre ogni limite
fino ad aprirti come il più bello dei fiori e, infine, quel posto lo trovo anche
per te ma solo dentro me. L’unico luogo possibile.
Che sia un Natale imperfetto ma d’Amore!
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