Ascolta, Penelope.
Stasera si va in scena.
Non so davvero cosa sia che mi
spinga, ogni sera, a salire su questo palco a tremare d’ansia per la paura di
dimenticare tutte le battute. Vuoto pneumatico nella testa, secchezza delle
fauci, voce tremula. Perché infliggermi tutto questo? Me lo sono chiesto più e
più volte, senza trovare una risposta convincente.
Tutte quelle teste lì davanti a me, nessuna esclusa, devono rimanere in tensione per l'intera durata dello
spettacolo ed è mio preciso compito di attrice quello di fare in modo che
nessuna delle sedie laggiù scricchioli. Nemmeno una, nemmeno per un secondo.
Un compito difficilissimo, il mio.
Tutte quelle teste d’improvviso,
con il calare del buio in sala, si trasformano in un'unica figura enorme e abnorme lì
davanti a me: lo spettatore. Lui, solo, imperante e giudicante. Occhio che penetra
l'anima. La mia.
-Sono qui per te, mio spettatore.
-Sono qui per la storia che
saprai raccontarmi.
-Chi sei tu che esci di casa in
questa fredda sera d’inverno per venire a sedere su quella scomoda seggiola
laggiù, al buio ?
-Sono un abitante della vita,
esattamente come te.
-Io sto di qua, però, e mi mostro.
Io sono il soggetto fotografato.
-Io sto di là invece; mi nascondo,
osservo e colgo se c’è da cogliere. Sono il tuo fotografo.
-Già, ti nascondi, non rischi
nulla a startene lì celato nel buio e chiuso nel tuo silenzio. Io mi gioco
tutto. Sono esposta lì sotto i riflettori e i tuoi occhi puntati addosso mi fanno
sentire come sotto esame.
-Sei tu a percepire una tale
pesantezza nella tua posizione; non è responsabilità mia. Io non faccio altro
che stare dall'altra parte a guardare e cogliere. Stop.
-Lo so, non ricordarmelo. Cos'è, ti prego dimmelo, cos'è che ti impedisce di
annoiarti e fare scricchiolare quella sedia?
-Davvero vuoi saperlo?
-Certo. E’ il mio più pressante
interrogativo.
-Le ali.
-Come le ali?
-Il soffio, il vento: io, da
questa prospettiva fatta di silenzio e buio, percepisco se indossi le vere ali dell’anima o, se invece, semplicemente fingi. Se ti spuntano le ali, ed io sono in grado di
vederle con chiarezza, tu vibri e allora non dimentichi le battute perché esse
sono la tua vera voce e le tue fauci non conoscono secchezza perché ti
abbeveri naturalmente alla sorgente della tuo spirito per andare in scena.
-Cosa accade, invece, quando non
ho ali ?
-Io mi annoio a morte e inizio a
muovermi indistintamente sulla sedia facendola scricchiolare. Tu da lassù mi
senti e si spezza l’incantesimo: il filo tra il tuo corpo e il tuo spirito è
reciso e delle ali neanche il soffio lontano.
-Che tragedia, mio spettatore!
-Hai ragione. E’ come se non ci
fosse tempo: nessun tempo per sognare, ricordare, sentire. Inutile stare qui.
-Questo è il cuore del mio
mestiere. Regalare tempo per sognare, ricordare, sentire. Tempo per fotografare
ed amare.
-Ora hai capito perché sali lassù
ogni sera?
-Ho capito che senza ali non si
vive e nemmeno si respira. Salgo qui sopra ogni sera per poterle indossare,
anzi no, per sentirle spuntare dentro me. Per te mio caro spettatore.
Accomodati e goditi lo
spettacolo!
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