sabato 13 settembre 2014

ULISSE, OCCHI D'INFINITO

Caro Ulisse,
la tua voce scalda, la tua barba folta solletica i miei sensi. Innanzi a te, uomo astuto e dai mille volti, mi spoglio di tutte le mie vesti, abbandono ogni orgoglio, ideologia femminista o pseudo tale, e mi mostro a te, nuda. Quel tuo sguardo saggio e ricco di esperienza seduce voluttuosamente anche me stasera.

Io non sono lei ma da lei traggo nutrimento e ispirazione perché è la sorgente da cui sono partita per arrivare all’altrove. Tu hai scelto di partire per il tuo viaggio mosso dal tuo senso di giustizia, dalla tua curiosità e da un’indiscussa indole eroica; Penelope è diventata l’eroina dell’amore che attende mentre io mi arrabatto in questa ricerca infinita di libertà e verità.

Un po’ di te e un po’ di lei sono in me. Mi tenete compagnia lungo il viaggio. Tu, lei, soprattutto lei.

Sei stato molto amato, uomo di presenza piena anche nell’assenza ed eroe inconfutabile di un destino colmo di lotte e pericoli. Amato da lei, ma non solo, hai calamite nello sguardo e fuoco nelle parole. Sappi che non sono qua per lodarti, sai bene cosa penso di chi fugge; io desidero leggerti dentro per comprendere cosa c’è in te che valga la pena di essere “atteso”.

Astuzia, intelligenza, sete di conoscenza fanno di te l’eroe ma di quale pasta è fatto l’uomo? Chi eri prima di acquisire il fascino sapiente di vagabondo del mondo?

Un uomo assetato di sapere, radicato nel cuore della sua donna e di suo figlio, un uomo di esperienza  e coraggio ma soprattutto  capace di amore. Il fascino emanato da chi ha amato molto nella vita non ha pari, uomo o donna che sia.

Ora ti spoglio di qualsiasi identità e parlo a te, eroe dai mille nomi.

Ti ho visto di sfuggita, un’estate in riva al tuo mare. Ti ho osservato da lontano dietro i miei occhiali scuri e, dietro al volto scavato dal sole e dal tempo, occultato da una barba folta e ingrigita ed ho intravisto lo sguardo lucido e consapevole di chi ha amato e sofferto. Amore e dolore, Ulisse, fanno di te la fantasia di ogni donna; il mistero del silenzio e del non detto ad ogni costo condiscono l’atmosfera. Sei essenziale nella dolcezza e nella forza, vibri di desiderio e non nascondi il tuo spiccato individualismo. Occhi lucidi di emozione al rimbombo del mare, tua casa itinerante. Ali e radici hai in te, ali e radici doni a chi ami raccogliendo altrettanto infinito amore.

Ti ho osservato da lontano, quell’estate in riva al tuo mare ed ho visto un masso granitico accanto a te. Il tuo senso di colpa ti sovrastava e tu parevi un bambino accanto a lui. Dagli forma Ulisse! Io ho visto una grossa pietra, tu cosa vedi? Dare forma e colore ai dolori aiuta a collocarli nello spazio e nel tempo, a ridimensionarli per riporli, poco a poco, al di fuori delle nostre stanze private. Plasmare, rimpicciolire,accettare  e non giudicare sono i passi verso la libertà che tu hai conquistato viaggiando ma che hai dovuto smussare nuovamente al tuo rientro.

Come si fa a tornare da una donna dopo vent’anni? Come si riaccende l’interruttore dell’amore e della passione? E non venire a dirmi che è sempre stata viva. 

Dopo tutto quel tempo, non ci si conosce più e il ricordo dell’altro rischia di essersi impallidito, o peggio, trasformato in una mera  illusione. Non posso credere che sia stato tutto meravigliosamente fluido e romantico; ci saranno stati gli screzi dovuti alle ripicche di chi è rimasto in attesa ed è ha provato incertezza e gelosia e i rimpianti di chi, invece, torna con  la sensazione di essersi perso ciò che non andava perso. Il ritorno alla normalità è un lavorio faticoso e costante; avviene con lentezza attraverso i gesti che, pian piano, tornano famigliari, le confidenze scambiate la sera prima di stringersi, e le abitudini che, giorno dopo giorno, riprendono un ritmo comune. Leggile pagine di te ogni sera, prima del sonno: questa è la miglior medicina per l’amore.

Che fatica i ritorni!

Per chi è andato e chi è restato non sarà mai più lo stesso. Sarà altro, semplicemente altro.

Ti ho visto Ulisse, ti vedo ogni sera passeggiare  in riva a quel mare di cui scruti l’orizzonte lontano in cerca di un volto, di una stella che ti faccia riprovare quel brivido.

Gli orizzonti sono mutevoli come i desideri umani e oggi, uomo affascinante e imperfetto, comprendo ogni tua debolezza e volontà, come te,sento il suolo oscillare, come fosse un mare, sotto i miei piedi e desidero non sentirmi imbrigliata sulla terra ferma seppure la sua visione  continui a rappresentare la più dolce delle chimere. Comprendo persino la tua indole adulterina e quell’inarrestabile sete di conoscenza che impedisce di trovar pace in un unico luogo. Ora, non posso che  fare la sola cosa possibile: smetto di giudicarti.

Avvicinati Ulisse.

Sposta i tuoi capelli e fatti guardare in quegli occhi che sanno d’infinito. Sono pronta a fare pace con te.






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