Domenica sera.
Vengo invitata alla festa del
sessantesimo compleanno di una donna straordinaria per intelligenza, cuore e
apertura spirituale ed emotiva. Come spesso accade, anche se non sempre, le belle
persone ne attirano a sé altre ugualmente belle e così mi ritrovo seduta al
tavolo con una delle sue più care amiche, Anna.
Anna ha una decina d’anni in più
di me, una figlia di 26 anni e un ex marito che, quando la figlia era molto
piccola, ha deciso di andarsene di casa. Ma nonostante ciò, lei ride.
Anna ora gestisce, in mezzo a
mille difficoltà, un’attività commerciale assieme alla figlia per darle un
appoggio e assicurarle un futuro fatto di qualche concretezza. Sgobbano
insieme da mattino a sera dietro al bancone di un bar. Per poter stare accanto alla
figlia, Anna si allontana dalla sua adorata casa in bassa montagna e si
trasferisce in città barcamenandosi tra l’alloggio di lei e quello di un
ex fidanzato molto generoso e ancora amico.
Anna ha la luce dentro. La
percepisco da subito e il confronto diretto con lei non fa altro che dare corpo
a quella che inizialmente è stata solo una sensazione. Ci sono persone al
mondo che sembrano conservare dentro un posto tutto loro che viene riempito
costantemente di energia positiva pronta per essere poi generosamente dispensata. E’ una
donna forte questa Anna e tale forza passa attraverso la piena responsabilità di se stessa e della propria vita. Ogni elemento del suo vivere poggia sulle sue spalle. E basta.
Anche lei, come sua figlia, è
stata vittima dell’abbandono da parte di un padre. Uno di quegli uomini che ad
un certo punto smettono di esserci, si voltano dall'altra parte e prendono il
largo. Uomini che “chi li vede più” e ferite che restano, ineffabili, sulla
pelle di coloro che restano.
Una madre e una figlia che
languono dello stesso dolore. Si tengono per mano e, nonostante tutto, ridono
cercando insieme una strada per spezzare questa catena maledetta. Hanno in
programma un week end formativo per cercare di andare all'origine di quel
dolore profondo che le accomuna e, di nuovo insieme, tenteranno di trovare le forbici per tagliare quel filo che
le lega incessantemente ad esso.
Quel dolore è un trauma e certe
fratture possono provocarne altre ancora più profonde se non si trova la forza
d’interrompere la maledizione. La catena va spezzata e in fretta.
Nel frattempo infatti, quel male inizia a fare danni più evidenti e meno contenibili nelle sole lacrime.
Tre anni fa, Anna si ammala di cancro. Un cancro al seno. Il male di molte donne.
Anche quello di mia madre.
Anna mi racconta della sua
operazione che l’ha devastata come donna e le ha sensibilmente ristretto l’utilizzo del braccio destro. La sua splendida autoironia le permette di
scherzare sul suo essere una donna “monotetta”
ma quando si tocca la sfera della ridotta mobilità del suo braccio, Anna si
arrabbia. Moltissimo.
La malattia, dice lei, ti
costringe a guardarti dentro, a cercare l’origine della frattura, unico punto
di partenza e risalita verso la guarigione. Se non ripari l’anima dalle viscere
per poi risalire in superficie, il male sarà sempre lì ad assalirti e a
ricordarti che non hai ancora concluso il tuo compito. Non ti lascerà in pace. C’è
un motivo se siamo qui su questa terra e nessuno arriva a comprenderlo senza
passare attraverso la “riparazione” del proprio dolore.
Anna non è una donna statica. Non
sta ferma, non è in balia di chi le dice che esiste un solo modo per curarsi:la medicina tradizionale, i protocolli fatti di chemioterapia, radio e tamoxifene
non fanno per lei. Studia, legge, interpella medici tradizionali ed olistici,
frequenta corsi di autoipnosi e meditazione ma soprattutto si informa con
pazienza e determinazione. Incontra medici ostinati che la minacciano di
recidiva certa se non peggio ma lei, prendendo
tutta se stessa sulle sue stesse spalle, dice No grazie!
Faccio a modo mio, curo la mia anima, riparo
il mio dolore e il mio tumore guarirà con me.
Anna è una donna di coraggio. Lo è perché le cose che lei dice e poi mette in pratica fanno paura a lei per prima. Coraggio e paura vanno di pari passo, sempre.
La sua intelligenza la conduce
verso i lidi di una alimentazione più sana e una costante attività fisica che
l’hanno resa invidiabilmente più bella, energica e vigorosa. La sua pelle è luminosa, depurata, pulita così come il sorriso. Ha i suoi
segreti mattutini che non svelerò certo qui, grazie ai quali, anche le sue analisi del sangue sono sensibilmente migliorate ma soprattutto da tre anni il terribile mostro non ha più messo
piede nei risultati dei suoi esami di controllo.
Anna è diventata, come dice lei, il medico di se stessa. Io dico che ci
vuole sempre un gran coraggio nel muoversi scardinando l’ordine prefissato delle
cose. Quando si tratta di malattia, la nostra, il tasso di coraggio viene
centuplicato perché si ha molta più paura. Paura di morire.
Anna, come il nome che ho scelto per raccontare di lei, è il simbolo di
un mondo femminile minoritario, un microcosmo che pulsa sotto i sorrisi e gli
smalti ai colori della moda in cui molte di noi si compiacciono e riconoscono.
Anna è il simbolo di chi procede guardando dritto in faccia la verità, senza
farsi sconti sull'avvenire e mettendo in gioco una posta molto alta. E’ la rappresentazione di un femminile intelligente e forte che si fa interamente carico della
propria esistenza e lo fa a prescindere dalla presenza o meno di un uomo
accanto. La vera natura di ognuno di noi ci vuole soli a questo mondo e
capaci di restare in noi seppur
circondati di amore immenso.
Anna, in tutto questo, non ha un uomo accanto a sé ma anche di questo sa ridere con scanzonata autoironia.
Non so quale possa essere
l’origine profonda del suo male interiore ma so di certo che lei è arrivata al
punto centrale di quel dolore con ostinata ed instancabile determinazione voglia di autenticità. La
sola che oggi le permette di aver fede in se stessa e nella sua difficile
scelta che porta avanti contro tutto e tutti. Il suo sguardo è quello di una
donna libera ed integra: non vive di bisogni che sono il fulcro di ogni
fallimento.
Chi sa scegliere fa paura.
Chi
sovverte gli ordini precostituiti siano essi famigliari, sociali o di altro
genere, crea scompiglio e smuove le coscienze di tutti anche di coloro che
vorrebbero che il fiume non entrasse mai in piena. E le coscienze smosse, tutte
insieme, sono in grado di creare energia vitale.
Torno a scrivere, Penelope, dopo
giorni di imposto silenzio perché sono stata derubata, in casa mia, di molti
oggetti di valore tra cui il mio strumento preferito di scrittura, il mio
personal computer.
Questo silenzio, seppur indotto, mi ha fatto del bene, ha ripulito il flusso delle idee e
delle emozioni.
La storia di Anna mi è parsa il modo migliore per tornare da
te, dea del mare e dei miei sogni di donna.
La storia di Anna parla di te, di
me e molte altre. Ma non di tutte.
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