mercoledì 1 aprile 2015

CADDE LA PIOGGIA E STRARIPARONO I FIUMI....

Sono stata in silenzio, cara Penelope, ad ascoltare il mare: mi ha parlato della vita e della sua burrascosa incostanza.

Tutto, dentro e fuori di noi, è in perenne  movimento e saper vivere è riuscire a seguire fluidamente il corso delle cose senza farsi stravolgere o sopraffare. Esse cambiano continuamente, si trasformano  modificandoci nel profondo. Ci sono giorni o istanti a partire dai quali noi cambiamo, nulla è più come prima ed è così che  veniamo colti da una smania irrefrenabile di manifestare, anche all'esterno, la rivoluzione che segna il nostro mondo interno. Non hai mai desiderato trasformare tua immagine per urlare al mondo “sono diversa, da oggi sono un’altra!” Un taglio corto e sbarazzino, un colore azzardato di  capelli o semplicemente un abito shock, uno di quei pezzi che verrebbero commentati con espressioni del tipo “Non è proprio da lei!”

E invece si. Che ne sapete voi della mia intrepida natura?

Le tue vesti bianche e color del cielo, donna Penelope,  andrebbero adattate al tempo della consapevolezza in questo continuo divenire che è la vita. Un giorno il sole splende e quello seguente il mare ti travolge in tempesta costringendoti all'adattamento, la cosiddetta resilienza. 

Ogni giorno il vento ci recapita suggerimenti, intuizioni, desideri che, se solo avessimo il coraggio di ascoltare e seguire, ci condurrebbero proprio là dove vorremmo essere. E nonostante ciò, siamo ancora in tanti, troppi, ad ignorare i segnali senza arrivare mai al  centro: al tuo tempo ci avrebbero chiamato stolti! Al mio esistono altri epiteti meno cordiali ma dall'equivalente significato.

Inconcludenti, stupidi o arroganti sprechiamo tempo, energie e pensieri dietro al nostro falso e illusorio ego  fatto di parole, parole, parole sprecate per descriverci o, ancor peggio, per  assolverci. L’ego è il nostro apparente punto di partenza e di  attracco ma privo di sostanza in quanto costruito su false credenze e non su una forza o una fede reale in noi stessi. Non riesco a non pensare a Matteo e al versetto biblico di cui ricordo sempre  Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia(Matteo 7, 24-25)

La qualità di quella roccia fa differenza, amica mia. Una grande differenza.

La tua certezza, Penelope, era Ulisse e vostro amore costruito negli anni. Qualcosa che non stava in te ma fuori da te. Anche la mia certezza, al pari della tua, era riposta in qualcosa che non albergava qui dentro.

Abbiamo tutti paura di abbandonare le nostre certezze ma nulla è certo, nulla è sicuro e soprattutto nessuno è tenuto a regalarci una tale vana speranza. Ciò che viviamo come una sicurezza unicamente mentale e razionale oppure sentimentale ci scompensa in quanto ingannevole e non autentica. Ricordo un antico senso di precarietà e instabilità proprio durante gli anni della mia vita in cui credevo di possedere tutto ciò che avevo sempre ardentemente  desiderato. 

Avevo tutto tranne me stessa.

Chi è in vero equilibrio, invece, possiede innanzitutto se stesso. Tutto il resto è un supplemento.

La profonda conoscenza di sé crea  la  forza e genera amore sincero, unico artefice del vero equilibrio. In tal caso, le fondamenta poggiano sulla roccia e non più sulla sabbia instabile e ambigua. Chi è saldo ha lo sguardo bello e sereno, non conosce la paura e il suo respiro è calmo e sicuro. In lui o lei, la mente, il cuore, la pancia e lo spirito si trovano allineati e concordi sulla direzione da seguire. Un vero e proprio stato di grazia determinato da una combinazione rara, vagamente magica, ma tutt'altro che irraggiungibile.

Penelope, un tale  equilibrio lo si conquista solo dopo aver abbandonato del tutto le proprie sicurezze  non necessariamente a causa dell’imponderabile ma soprattutto in seguito  all'azione che più di ogni altra fa sentire vivi e protagonisti della propria esistenza: la scelta.

Si sceglie ogni giorno, donna del mare, di restare o di andare, rischiare o rinunciare,  piangere o ridere, amare davvero fingere di farlo accontentandosi.  L’importante è possedere la consapevolezza che ogni scelta implicherà inevitabilmente una perdita e un arricchimento. Amo coloro che scelgono con coraggio di rinunciare alle proprie certezze propendendo per ciò che in apparenza è sbagliato, azzardato, irragionevole, imprudente ma dannatamente vero per la loro anima. Chi ha coraggio ne guadagna in saggezza e chi è saggio si libera dalle paure. 

Osho, il mistico contemporaneo amante per eccellenza della consapevolezza in tutte le sue forme ,  parlava della vita come di un “fenomeno insicuro”, ignoto e talmente sconosciuto da trasformarti in une vero e proprio “vagabondo” senza una dimora sicura in cui sostare, un letto in cui dormire la sera o cibo certo per sfamarti ma che procede senza paura e con fede in ciò che sarà.

Vagabonda del mare e del vento dovrai essere pronta ad entrare nell'oscurità dell’ignoto dove non esiste comodità e certezza ma solo rischio, pericolo e cielo aperto. Nessuna prigione Penelope ti renda schiava o vecchia prima del tempo: spalanca le braccia a ciò che non conosci  e corri incontro a ciò che dimora fuori da te, oltre i tuoi schemi  e le tue rive. Molto di quanto ti accadrà da quel momento in poi, sarà incomprensibile e inafferrabile innanzitutto a te stessa ma sarà il tuo modo per vivere a pieno. Chi si aggrappa e non crede nella potenza delle proprie ali interpreta solamente il ruolo di chi vive ma in realtà muore dentro giorno dopo giorno. Gli specchi riflettono un’immagine ma tu sei fatta di carne e sangue; quella carne deve bruciare e quel sangue fuoriuscire affinché tu senta e ti senta parte integrante di questo Universo.

Diffido di chi non spalanca il cuore e la mente all'ignoto, temo chi ama solo qualcuno e a piccole dosi, chi si risparmia e si rinchiude in un mondo aprioristico rifiutando la felicità per paura di doverla gestire. Il vivere implica la salvezza dall'aggrapparsi alla vita stessa: essa termina prima o poi per cui lasciamola scorrere e intanto issiamo le vele, come ha fatto Ulisse e, come lui, tanti altri. Abbandoniamo gli spazi angusti e generiamo l’entusiasmo con la danza della mutazione e del coraggio.

Desidero correre su queste mie gambe e renderle sempre più forti per affrontare maratone ancora più impegnative e urlerò il tuo nome affinché tu non muoia negli strascichi che la paura inevitabilmente lascia dietro sé.

A  te, amica della trasformazione, non bastano le parole. Io non sono che il tuo riflesso.





2 commenti:

  1. In estasi assoluta... è come se leggessi la trasformazione che alberga nella mia compagna, dopo la ferita che le ho sciaguratamente inferto.

    RispondiElimina