Sono stata a casa tua, cara
Penelope.
Il luogo dove abiti è magico,
anzi, karmico: l’abbiamo ripetuto tante volte io e Marcella in questa vacanza.
Il karma è più della magia, è una
forza sovrannaturale che ti avvolge e ti conduce là dove le tue azioni ti fanno
andare e fin dove lo sguardo ha il coraggio di arrivare. Da quel muro che cade
a picco sul mare ho contemplato i tuoi tramonti ed ho ascoltato le parole del
vento colmando, ogni volta, i miei occhi e il mio cuore di un’emozione
senza pari. Hai saputo farmi il regalo più bello; mi hai mostrato il tuo mondo
elargendomi l’ancella più meravigliosa della tua corte, il tempo
silenziosamente dilatato e il mare nelle sue variegate forme, sovrastato da mille
lune.
Sono pervasa da un’emozione che
non riesco a trattenere ripensando ai giorni appena trascorsi con l’amica di
sempre, la sorella, la donna che oggi stimo più che mai.
Assieme a noi, le nostre famiglie
intere o a metà, i figli rumorosi e imperfetti ma solo apparentemente male
assortiti, le nostre improbabili eppur lucide elucubrazioni mentali, gli stili
educativi similari e le abitudini alimentari diverse. Ancora, le bici, gli
scazzi, le urla, le corse lungo la spiaggia, le battute feroci, le somiglianze
caratteriali o fisiche, i segreti condivisi, le ansie da massaie e quelle da
egocentriche nullafacenti, le risate, le prediche collettive o individuali, gli
abbracci, i silenzi, le troppe parole, le riconciliazioni e le emozioni degli
ultimi giorni quando tutti sono consapevoli che un'altra vacanza insieme sta
per finire.
Pervasi da una sana tristezza,
rendiamo la nostra ultima giornata un lungo abbraccio che non vuole avere
termine.
- Ogni anno, amica, qui avvengono
trasformazioni incredibili per tutti noi.
- E’ vero. E’un luogo magico
questo. Mai come quest’anno, me ne rendo conto.
La luna, che immancabilmente si affaccia sul terrazzo immerso tra i tetti
di una Alghero sempre più famigliare, è la depositaria delle nostre rispettive evoluzioni.
Ogni estate abbiamo vestito i panni di archetipi femminili diversi dando vita,
anno dopo anno, alle donne che siamo oggi.
Un anno fa’ i tuoi sogni, amica
mia, sul numero 41, come la nostra età quest’anno. Quei sogni avevano odore di
catastrofe: ricordo la tua paura, l’affanno nel ritrovare questo numero ovunque
quasi a predire una morte “Non voglio morire a 41 anni!”, dicevi ironicamente, quasi
a voler scongiurare quel macabro sentire.
Poi il quarantunesimo compleanno è
arrivato, amica, e tu non sei morta, sei qui viva e vegeta ma il tuo volto ha
subito una trasformazione, come se ti fossi sottoposta ad un intervento di estetica
facciale dai mirabolanti effetti leviganti. Ti si sono ammorbiditi i lineamenti
ma la sede del miracolo non risiede nel tuo volto bensì nei tuoi occhi che
paiono addolciti e perennemente inumiditi da un’emozione sempre pronta a
sgorgare pura, priva di filtri e convenzioni.
Sei stata l’artefice primaria e
indiscussa di una rivoluzione che si è consumata in quest’ultimo anno ma che si
stava preparando da tempo. I semi del cambiamento li hai sparsi nel vento, anno
dopo anno, e questo mare te li ha sempre restituiti rifioriti di consapevolezze
e verità nuove.
Poi quel taglio netto, quei
capelli corti, più corti del possibile, hanno urlato al mondo “Sono una donna
io, mi spoglio di ogni orpello, guardate alla mia essenza!”
Ed è l’essenza di chi sei che
oggi ti rende davvero bella, concreta, avversa ai facili entusiasmi e qualsiasi
genere d’ipocrisia. Ti sei, a poco a poco, spogliata di tutto ciò che potesse
facilitare il cammino rimanendo nuda davanti a te stessa e agli altri. Sono in
molti a non capirti, a temerti e a fuggire da te. Anzi, da se stessi. Solo chi
sa restare dentro sé ti conquista ed è a sua volta affascinato da chi sei tu.
Pur non essendo facile esserti
amica, figlia, madre o marito, a dispetto di ogni logica, risulta invece semplice e
lineare. I si sono si, i no sono no, la rabbia è rabbia e la gioia ha i connotati
travolgenti della serenità. Con te l’inautenticità viene bandita all’ingresso
di casa e guai a farne entrare i residui che inevitabilmente restano
imprigionati in qualche tono di voce o in mezzo ai capelli scompigliati dal
vento. Con te, da qualche mese a questa parte, l’emozione trionfa in ogni dove e
l’ascolto attivo e partecipe è il dono più prezioso che sai elargire.
Le rivoluzioni, e questo lo dico
a te Penelope, sono frutto di coraggio, moltissimo lavoro e un gran dolore. Senza quello nessun cambiamento
è davvero possibile: il dolore atavico delle perdite, tutte quelle della nostra
vita, costituiscono il motore verso l’effettivo rinnovamento e una nuova
consapevolezza di sé.
E in questa estate vissuta a
contatto del tuo bellissimo mare, ho compreso che non è da tutti sopravvivere a
certi eventi della vita trasformandoli in occasioni per rivalutare crudamente ciò
che pareva serenamente assodato. Le rivoluzioni avvengono solo se siamo aperti
ad accoglierle, a rischiare e a rimettere in gioco ogni minimo dettaglio di noi
stessi e della nostra vita. La mia amica ha finalmente cessato di cliccare sul
tasto “reset” ogni volta che l’esistenza le dava prova di non poter esercitare quel
controllo che tutti noi crediamo invano di possedere.
La bellezza di un volto rilassato
e di occhi sempre pronti all’emozione appartiene alle donne e agli uomini che
decidono prima in un angolo segreto del loro cuore e poi , pian piano con consapevolezza
sempre maggiore, di abbandonare quella maledetta volontà di controllo che
uccide il sentire vero.
Libere associazioni in riva al
mare, Penelope, la miglior forma di meditazione sperimentata in questi ultimi
giorni. Quelle passeggiate bagnate d’acqua, sudore, parole e silenzi mi hanno
insegnato molto di lei. Di me.
Il silenzio è fatica, l’accettarsi con i propri limiti non è vergogna,
restare nel conflitto senza sensi di colpa è doveroso, essere chiari subito
senza far germogliare il seme della finzione è genuino, l’inautenticità rende
nervosi, trovare ragioni per ridere è vitale, non sottostare mai a quanto non
ci da benessere è amore per se stessi e mille altre piccole verità. Questo sei
stata nei nostri giorni di vacanza, anzi, lo siamo state insieme e l’abbiamo trasmesso anche alla ciurma che ha la sfortuna o fortuna, dipende dai punti di
vista, di averci come madri.
Penelope, abbiamo parlato anche
di te e siamo state insieme al tramonto su quella muraglia che cade a picco sul
mare, immaginando la tua attesa. Eri lì tra noi, vestita di bianco con i tuoi
lunghi capelli scuri e, avvolta nel tuo impenetrabile silenzio, hai osservato i
nostri voli verso l’inconscio.
La morte, nelle sue variegate forme e nelle sue
infinite accezioni ha pervaso le nostre conversazioni accendendo una sempre
maggior consapevolezza sulla meraviglia di ciò che è questa vita se vissuta con
pienezza e amore.
Poi, senza aspettativa alcuna, un Ulisse dai capelli bianchi e
la folta barba ha fatto capolino davanti a quel mare, Penelope, una sera all'improvviso.
Lui era ed è un Ulisse, l’ho compreso dal suo sguardo maturo e consapevole.
Era il tuo o il mio?
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